palazzo del Quirinale 11/02/2013

Saluto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla Celebrazione del Giorno del Ricordo

Rivolgo innanzitutto il mio saluto come sempre affettuoso e rispettoso ai rappresentanti delle famiglie delle vittime e dei profughi e delle loro rispettive associazioni.

Rendo omaggio a quanti hanno ricevuto questa mattina il meritato riconoscimento dei diplomi e delle medaglie commemorative del Giorno del Ricordo. E mi complimento ancora con gli insegnanti e i ragazzi che hanno vinto il concorso indetto dal Ministero dell'Istruzione e dall'Associazione degli Istriani, dei Fiumani e dei Dalmati.

Debbo innanzitutto viva riconoscenza all'on. Lucio Toth, per aver ripercorso con assoluta puntualità e completezza il cammino che abbiamo insieme percorso in questi sette anni - celebrando "il Giorno del Ricordo" - per rendere giustizia agli italiani che furono vittime innocenti - in forme barbariche raccapriccianti, quelle che si riassumono nell'incancellabile parola "foibe" - di un moto di odio, di cieca vendetta, di violenza prevaricatrice, che segnò la conclusione sanguinosa della seconda guerra mondiale lungo il confine orientale della nostra patria. E a cui si congiunse la tragica odissea dell'esodo di centinaia di migliaia di istriani, fiumani e dalmati dalle terre loro e dei loro avi.

Si, è vero, è stato necessario partire da un impegno di verità, contro ogni reticenza ideologica o rimozione opportunistica, per poter arrivare alla riconciliazione. Ha detto bene il ministro Terzi : "Il dramma delle foibe e degli esuli non è più rimosso, ed è sempre meno oggetto di faziose strumentalizzazioni". E sulla base di un discorso di verità sulle sofferenze degli italiani e sulle brutalità delle più spietate fazioni titine - discorso che all'inizio, ricorderete, ci procurò qualche reazione polemica sull'altra sponda dell'Adriatico, ma poi si è imposto anche perché intrecciato con una nostra severa riflessione sulle colpe del fascismo - è stato quindi, sulla base di un discorso di verità, che si è potuto raggiungere il traguardo della riconciliazione, cioè del reciproco riconoscimento con le autorità e le opinioni pubbliche slovene e croate, e del comune impegno per un mare di pace in un'Europa di pace. Un impegno che superi ogni residuo o nuovo motivo di frizione e affronti problemi rimasti ancora insoluti.

Questo riavvicinamento e questo incontro, di cui oggi possiamo compiacerci, sono stati resi possibili anche dal cambiamento del tempo storico: perché i due presidenti con i quali a Trieste rendevo omaggio al monumento dedicato all'esodo degli italiani, non portavano sulle loro spalle nessuna responsabilità per le degenerazioni del comunismo jugoslavo, compiutesi quando non erano nemmeno nati e con la cui eredità storica avevano rotto operando per la costruzione di una democrazia di ispirazione europea nella nuova Slovenia e nella nuova Croazia.
Il cammino di cui ha parlato Lucio Toth lo abbiamo fatto in tanti e attraverso diversi canali, tra i quali primeggia la scuola. Ringrazio lui e ringrazio il ministro Terzi per aver messo in luce l'impulso e il contributo che fu da me dato in questi sette anni, ma ho solo interpretato il mio dovere e seguito il mio sentimento.

E ora non ho davvero nulla da aggiungere agli interventi che hanno preceduto questo mio saluto ; tra essi la relazione del prof. Segatti ha messo molto bene l'accento sul valore, negato nel passato e più che mai da valorizzare oggi, del pluralismo etnico e linguistico, il cui rispetto è condizione di una pacifica convivenza, culturalmente e umanamente più ricca.

Concludendo, voglio tuttavia rendere esplicita una domanda che magari serpeggia : ma non abbiamo ormai detto tutto su vicende di 70 anni fa? Ha senso ritornarci sopra ad ogni ricorrenza del Giorno del Ricordo? Ebbene, si, ha senso, dobbiamo rispondere. Ha senso per essere vicini a chi visse quella tragedia e ne può dare ancora testimonianza, per essere vicini ai loro figli e ai loro nipoti. Riconciliazione non significa rinuncia alla memoria e alla solidarietà. E ha senso perché quanto più i giovani, i ragazzi di oggi, si compenetrano con ogni passaggio importante, con ogni squarcio doloroso della nostra storia di italiani - e penso anche alle prossime celebrazioni della prima guerra mondiale - tanto più potrà rinsaldarsi la nostra coesione nazionale e insieme con essa rafforzarsi la nostra voce in Europa.