RISPOSTA DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO
AL SALUTO DEL PROF. MONTI
AL WORKSHOP AMBROSETTI DI CERNOBBIO.
In video conferenza dal Palazzo del Quirinale, 3 settembre 2006
La ringrazio, Prof. Monti, e ringrazio e saluto cordialmente con lei il Dottor Ambrosetti e tutti i partecipanti. Come lei ha avuto già modo di ricordare, ho per molti anni partecipato attivamente ai lavori di questo seminario che nel corso del tempo è diventato, senza alcun dubbio, un importante forum, anche internazionale, di dibattito e di riflessione sui problemi del nostro Paese e anche sui problemi dell'Europa e del mondo.
So bene come si svolgono i lavori dell'ultima giornata: i protagonisti sono uomini di governo, rappresentanti politici della maggioranza e dell'opposizione, oltre che analisti e studiosi, e certamente sarebbe improprio da parte mia anticipare alcunché nel merito delle problematiche che saranno affrontate. Però, molto volentieri, direi qualcosa su due punti essenziali di orientamento della mia attività che credo possano essere considerati di interesse comune. Un punto è quello dell'indirizzo europeista e dell'impegno europeo dell'Italia, il secondo è quello delle possibilità di dialogo e di convergenza su temi di carattere istituzionale.
Sul primo punto: stiamo vivendo un momento di rinnovata fiducia nel cammino dell'Europa. Dopo la bocciatura del trattato costituzionale da parte di Paesi importanti, entrambi tra i fondatori dell'Europa comunitaria come la Francia e l'Olanda, si è versato molto pessimismo sulle sorti dell'Europa, si sono pronunciate sentenze più o meno liquidatorie, e a chi continuava a sostenere che si dovesse puntare sulla ripresa dell'integrazione e dell'unità europea si rispondeva che questo era un indulgere a vecchi miti.
Ciò che è accaduto nel corso delle ultime settimane ha veramente cambiato il quadro dei giudizi e delle aspettative. Si è riconosciuta, da parte di tutti gli Stati membri dell'Unione, comunque si siano atteggiati rispetto al trattato costituzionale, l'assoluta necessità di un impegno comune sulla scena internazionale; si è riconosciuta, dopo non poche esitazioni, la necessità che l'Europa riesca a parlare con una voce sola e a far sentire tutto il suo peso di fronte a crisi e problemi acuti sul piano internazionale. La prova la si è avuta con l'intesa realizzatesi nel Consiglio Europeo ultimo, circa la partecipazione europea alla missione dell'Europa in Libano, scelta molto importante e delicata: la partecipazione europea darà l'impronta a questa missione. E io posso dire, con assoluta serenità e convinzione, che siamo dinanzi a un perfino inaspettato rilancio del ruolo dell'Europa, nel rapporto non solo con le Nazioni Unite ma anche nel rapporto con gli Stati Uniti d'America, nel rapporto con le principali realtà dell'area Mediorientale e, in modo particolare, con tutti i Paesi chiamati, insieme con l'Europa, ad applicare la risoluzione dell'ONU.
Credo che questo rappresenti oggi davvero un elemento di grande conforto e fiducia. E nemmeno ci si può arrestare soltanto a questa constatazione. Bisogna dare seguito a questa esperienza finalmente positiva, e deve in primo luogo esservi consapevolezza piena che, per dare risposte valide a minacce che non possono essere fronteggiate al solo livello nazionale, occorre davvero più Europa, come da parte di tutti si prese a dire fra il 2000 e il 2003, quando all'indomani del Trattato di Nizza si posero le basi per un trattato costituzionale.
A proposito di quest'ultimo, io ritengo che non si possa in alcun modo considerare chiuso il capitolo e non più rilevante l'impegno a parlare di un quadro istituzionale comune ai 25 Paesi che oggi sono in un'Europa allargata. Prendiamo anche alcuni esempi: siamo tutti d'accordo sul fatto che sia essenziale, anche per suscitare rinnovata fiducia nella prospettiva europea, che si assumano dei programmi e si realizzano dei progressi effettivi in campi anche molto sensibili per l'opinione pubblica. Se guardiamo appunto, a problemi come quello dell'immigrazione o come quello del terrorismo internazionale, ma anche ai problemi della competizione tra le economie nel contesto globale, risulta indiscutibile la necessità di portare avanti uno sforzo di unità, al livello dell'Unione Europea, fra tutti i Paesi che ne fanno parte. Voglio dire, se prendiamo per esempio anche un campo in cui oramai è evidente che si può e si deve andare avanti insieme, come quello della sicurezza e della difesa, che non si può negare che nel Trattato costituzionale, finora non ratificato e non entrato in vigore, ci siano basi giuridiche e strumenti per dare forza a una politica di sicurezza e di difesa comune europea. Se il Trattato costituzionale rimanesse lettera morta, non sarebbe agevole, nonostante la volontà politica che oggi si manifesta, andare avanti neppure in quell'ambito.
Naturalmente, quando parlo di un forte indirizzo europeista che sia davvero un punto essenziale di orientamento per l'Italia e per tutte le forze politiche italiane, intendo anche l'impegno e il rapporto con le istituzioni e le regole europee. E quindi, in questo momento, l'impegno a perseguire obiettivi che sono stati concordati con le istituzioni europee per la correzione del grave squilibrio nei conti pubblici italiani.
Vorrei essere assolutamente chiaro. Penso che possa essere un impegno comune di tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione il mantenimento degli impegni assunti con le istituzioni europee, dal precedente governo e dall'attuale governo, per un serio riequilibrio e risanamento dei conti pubblici in Italia.
Però sul modo di realizzare questo obiettivo e sulla scelta delle politiche e delle misure concrete volte a tener fermo e realizzare questo impegno, è assolutamente naturale e fisiologica una diversità e una dialettica di posizioni fra maggioranza e opposizione.
Quindi, certamente non entrerò nel merito dei termini di questo confronto che considero, ripeto, assolutamente naturale. Ma il punto istituzionale qual è? È che il confronto fra maggioranza e opposizione sia finalmente più pacato e costruttivo. Io credo di essermi mosso, in questi primi mesi, in assoluta coerenza con le posizioni che espressi nel messaggio al momento del giuramento dinanzi alle Camere riunite. È tempo che anche in Italia si realizzi una effettiva maturità del confronto o del sistema politico bipolare: sono due gli schieramenti che competono per la guida del Paese, e tra questi due schieramenti non può non esserci confronto, talvolta anche aspro, ma vorrei che non si perdesse, o che si ritrovasse, la strada anche di una maggiore pacatezza e costruttività. Che poi significa individuare dei temi sui quali sia possibile una convergenza come in tutti i Paesi democratici europei, e più in generale nei Paesi dove c'è un sistema politico bipolare con l'alternarsi di diverse coalizioni o di diversi partiti alla guida del Paese. Quest'alternarsi non significa che sia impossibile l'accordo su qualsiasi terreno e tema.
Naturalmente si corre il rischio, dicendo ciò, di dare l'impressione di predicare nel deserto, e lo so bene. Tuttavia, a me pare che in questi ultimi mesi si siano avuti segnali confortanti, nel senso che è possibile non farsi la guerra su tutto.
È possibile discutere e dialogare almeno su alcuni temi, e in generale stabilire un clima, specialmente in Parlamento, di maggiore attenzione reciproca.
Perché dico segnali confortanti? Considero tali la soluzione di un problema istituzionale che era aperto, quello della elezione del nuovo Consiglio Superiore della Magistratura è stata una piena intesa fra maggioranza e opposizione per l'elezione dei membri di designazione parlamentare. Ma, soprattutto, vorrei citare l'esempio recentissimo, e molto importante, della intesa sulle grandi linee - che io mi auguro sia confermata nel voto in Parlamento - proprio sulla scelta della missione in Libano e dell'impegno italiano in quella missione.
Capisco che ciò sia stato possibile, lo voglio sottolineare, innanzitutto grazie ad un corretto metodo di consultazione con l'opposizione che il governo ha seguito. Io penso che sia un esempio significativo. Credo che la consultazione e la ricerca almeno di un chiarimento delle rispettive posizioni debbano costituire una costante nel comportamento del governo verso l'opposizione, e mi auguro che a ciò possa corrispondere anche una apertura dell'opposizione verso le sollecitazioni o verso gli orientamenti che il governo propone come possibile terreno di convergenza. Ripeto: su alcuni temi, mentre su altri non può che aversi una dialettica e anche una netta distinzione.
Ovviamente, un tema su cui bisogna cercare il massimo della convergenza tra i due schieramenti di maggioranza e di opposizione, è precisamente quello delle riforme istituzionali e costituzionali.
Non è chiuso il capitolo, anche di modifiche della Costituzione repubblicana, dopo che il referendum ha segnato il rigetto dell'ampio progetto di revisione che era stato approvato dal Parlamento nella scorsa legislatura. Il cantiere non si deve considerare chiuso per sempre, e anzi io penso che si possa riaprire, che si debba riaprire, che di fatto si stia riaprendo. Anche questo è un segnale positivo: nelle due Commissioni Affari costituzionali della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, si è avviata una discussione, a cominciare dalla tematica dei poteri decentrati, del federalismo, della revisione del titolo V della Costituzione (o se si vuole della riforma della riforma che di quel titolo V della Costituzione aveva portato avanti la maggioranza di centrosinistra a conclusione della legislatura 1996 - 2001). Anche questa, a mio avviso, è una strada percorribile, ed è una strada da percorrere con il massimo impegno di ricerca della convergenza e dell'intesa.