Prima che il Rettore dichiari aperto l’Anno accademico – il 781° - desidero rivolgere un saluto di grande cordialità a tutti i presenti, al Presidente della Regione, al Sindaco e, attraverso di lui, a tutti i senesi, al Presidente della Provincia, a tutte le Autorità, al Corpo accademico dell’Ateneo, al personale tecnico e amministrativo, e particolarmente alle studentesse e agli studenti di questa Università.
Ringrazio il Magnifico Rettore per l’invito, che abbiamo dovuto rinviare più volte a causa della pandemia. Sono lieto che siamo riusciti a condurlo a realtà.
Vorrei ringraziare molto il Professor Venuti per la sua prolusione così coinvolgente.
L’idea che la vita sia costituita da una successione di eventi ordinati, con ritmi sempre uguali, immutabili, è sempre stata un’illusione, che qualcuno coltiva tutt’oggi, per la verità.
È sempre stata un’illusione anche nei tempi in cui i mutamenti erano molto meno veloci, come ritmo, di quanto non avvenga in questi nostri tempi.
Questo può, naturalmente, provocare quel senso di incertezza, di insicurezza, di fragilità di cui parla Antonio Cassese nel suo splendido libro.
Di fronte all’incubo, al labirinto kafkiano, non confinato alla letteratura - come la sorte delle sue sorelle nei campi di sterminio dimostra - contro i sentimenti appunto di insicurezza e di fragilità vi è soltanto un antidoto, che è quello coltivato e messo in opera durante tutta la sua vita da Antonio Cassese: alcuni punti fermi di carattere etico, alcuni principi irrinunziabili della convivenza.
Lei, Magnifico Rettore, poc’anzi, nella sua relazione sullo stato dell’Ateneo - di cui la ringrazio molto - nel dare notizia, nell’esporre i tanti impegni su tanti versanti della sua Università, ha toccato alcuni punti che vorrei riprendere velocemente, che consentono una verifica sul campo, del rispetto di questi principi e di queste regole di carattere etico: la condizione di disabilità, il mondo della disabilità, i profughi afghani, la reazione alla pandemia. Sono tutti elementi che consentono una riflessione sui comportamenti da tenere e sugli atteggiamenti da assumere.
Sul primo tema, la disabilità, il nostro Paese ha compiuto molti passi avanti. Ma siamo ancora molto lontani da una condizione adeguata. Abbiamo delle norme avanzate, una sensibilità cresciuta, ma abbiamo ritardi di carattere culturale, di mentalità, a comprendere e ad acquisire la consapevolezza che il mondo della disabilità costituisce un giacimento di energie e risorse importanti, cui dar modo di esprimersi e realizzarsi, non soltanto per rispetto delle persone con disabilità, ma nell’interesse della società.
Per questo è molto importante l’attenzione che questo Ateneo riserva alle studentesse e agli studenti con disabilità.
Così come è importante l’accoglienza ad alcune studentesse e alcuni studenti afghani decisa da questo Ateneo. Una scelta significativa di fronte a un fenomeno che si è visto in diverse parti, nell’ambito europeo, di strano disallineamento, di incoerenza, di contraddittorietà, tra i principi dell’Unione, tra le solenni affermazioni di solidarietà nei confronti degli afghani che perdono la libertà e il rifiuto di accoglierli.
Singolare atteggiamento, pensando all’atteggiamento e ai propositi dei fondatori dell’Unione europea che individuarono e indicarono orizzonti vasti, importanti, pur consapevoli delle difficoltà per raggiungerli, ma che affrontarono con coraggio e determinazione. Anche per questo è significativo e importante l’atteggiamento dell’Ateneo che accoglie studenti di quel Paese.
Vi sono delle condizioni che sono sconcertanti. E sconcertante è quanto avviene in più luoghi ai confini dell’Unione. È sorprendente il divario tra i grandi principi proclamati e il non tener conto della fame e del freddo cui sono esposti esseri umani ai confini dell’Unione.
Sono tutti punti in cui verificare la tenuta e l’applicazione di quei principi praticati, appunto, da Antonio Cassese, così ben ricordato dal Professor Venuti.
Vi sono degli altri temi che il Magnifico Rettore ha toccato. Tra questi, quello della reazione alla pandemia, ricordando i caratteri di questa città, di questo Ateneo, nella storia della vaccinazione.
Noi abbiamo reagito, come Paese, grazie alla quasi totalità dei nostri concittadini, con grande senso di responsabilità, manifestando rispetto per gli altri e per l’interesse comune. Adesso stiamo affrontando un periodo in cui i contagi riprendono. L’Europa è investita da una nuova ondata di contagi. Ed è investita in Paesi, anche grandi e ben organizzati, che appaiono in grave difficoltà.
Nel nostro Paese, grazie alla serietà dei nostri concittadini, la situazione è meno allarmante. Ma registriamo un aumento di contagio costante. Limitato, ma progressivamente, lentamente costante.
Questo ci richiama al dovere di osservare con attenzione le norme di cautela che sono state indicate e di considerare l’importanza dell’affidamento alla scienza.
Per questo è molto importante quello che è stato ricordato qui: l’atteggiamento dell’Ateneo rispetto all’emergenza pandemica, con un comportamento di grande pregio da parte di docenti, di studentesse e studenti, di personale.
Ne ha parlato la rappresentante del personale poc’anzi. Personale che – vorrei dirlo anche per esperienza personale, molto tempo fa come studente, meno anticamente come docente universitario - costituisce davvero un patrimonio, non soltanto per ciascun ateneo, ma anche perché contribuisce in maniera decisiva ad assicurare la crescita culturale del nostro Paese, la possibilità della sua crescita culturale.
Tutto questo dimostra come sia importante il ruolo degli atenei, come sia di grande rilievo consentirne lo sviluppo, la crescita e l’attività.
La rappresentante degli studenti poc’anzi ha manifestato di avere a cuore la sorte dell’Università. Sentimento che condivido.
Anche per questo, come il Rettore ha cortesemente rammentato poc’anzi, in questi anni ho frequentato molti atenei, per sottolineare il ruolo che la rete delle università - antiche e recenti – svolge nel nostro Paese.
E sono lieto di registrare alcuni segni positivi che emergono. Lo ha ricordato già il Rettore. In quel programma governativo, chiamato con l’acronimo PNRR (apro una parentesi, Magnifico Rettore. Non so se è stato fatto in qualche ateneo, ma se così non fosse sarebbe utile uno studio per approfondire le conseguenze dell’uso smisurato degli acronimi sul linguaggio e sulla facilità di comunicazione), in quel programma, da chiamare con il suo nome per esteso, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, vi sono, come è noto, sei grandi missioni: quella per la digitalizzazione e l'innovazione, quella per la transizione ecologica, quella per la mobilità sostenibile, quella per gli aspetti sociali e del lavoro, quella per la sanità.
Una delle sei grandi missioni - la quarta - che il Piano assegna all’Italia riguarda l’università e la scuola, con l’obiettivo di accrescere l’offerta universitaria, di farne aumentare la qualità, di ampliarla, accompagnata - questa - anche da una destinazione di risorse in misura rilevante per l’università. Questo perché è indispensabile, per lo sviluppo del Paese, per il suo rilancio attraverso questo piano, il ruolo delle università.
È indispensabile quindi accrescerne possibilità, strutture, interventi e ambiti per far crescere nel nostro Paese il livello culturale, il numero di laureati e la consapevolezza dell’importanza della competenza e della scienza. Anche perché abbiamo bisogno, sempre di più, di sviluppare la conoscenza attraverso studio e ricerca da parte delle varie branche, dei vari rami del sapere, in crescente interrelazione fra di loro – sia sapere umanistico sia sapere scientifico - per trovare prospettive di ricerca e di studi poste sempre, nelle scoperte e nell’avanzamento, al servizio della persona umana.
Otto secoli di storia consentono uno sguardo attento e uno sguardo lungimirante.
Auguri, buon anno accademico!