Eminentissimi Cardinali,
Eccellenze,
ringrazio molto il Cardinal Bassetti e il Cardinal Bagnasco, cui rivolgo molti auguri.
Sono particolarmente lieto di accogliervi al Palazzo del Quirinale in occasione dell’Assemblea annuale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa nel 50° anniversario della fondazione.
Cinquanta anni in cui il Consiglio delle Conferenze Episcopali europee ha offerto un contributo prezioso alla crescita civile del nostro continente, confermando il ruolo delle Chiese nell’accompagnare e sostenere l’edificazione di un’Europa, ricca della varietà delle opzioni dei suoi popoli e, nel contempo, coesa nella capacità di coniugare le sue diverse manifestazioni nell’unità, attorno ai valori fondanti.
Il tema scelto per il vostro incontro “50 anni a servizio dell’Europa, memoria e prospettive nell’orizzonte di Fratelli tutti” costituisce un’occasione molto utile per riflettere anche intorno all’attuale condizione dell’intera Europa e del progetto di integrazione continentale; e sulle sue ragioni.
Ricorre spesso la tentazione di considerare la conquista della pace, l’affermazione dei diritti di libertà - inclusa quella religiosa - il vivere in società aperte e tolleranti come acquisizioni scontate e irreversibili. Sappiamo, in realtà, che, ancor oggi, molti Paesi sono percorsi da pulsioni particolarmente insidiose, soprattutto in un’epoca in cui, nel mondo, riaffiora la tentazione di asservire le espressioni religiose a motivo di scontro, a pretesto per giustificare discriminazioni di vario segno.
L’esortazione che Papa Francesco ha rivolto ai Vescovi europei, in occasione dell’Assemblea del 2019, “per un nuovo umanesimo europeo, capace di dialogare, di integrare e di generare” affinché l’Europa possa “crescere come una famiglia di popoli, terra di pace e di speranza”, appare, in questo senso, davvero di grande rilievo.
Nella società europea sta ritrovando spazio la consapevolezza del valore del fattore religioso, nella costruzione di una comunità internazionale più giusta, più solidale, più rispettosa della vita di ogni persona.
Sono convinto che l’appello che intendete rivolgere alle autorità civili e politiche, degli Stati d’Europa, raccoglierà il massimo dell’attenzione.
Esiste un “bene comune europeo” come segnalava, già nel luglio del 1962, Giovanni XXIII, in un indirizzo per la XLIX Settimana sociale di Francia.
A maggior ragione l’Europa deve dimostrare, nei fatti, di essere all’altezza della civiltà che afferma di rappresentare. In tutti gli ambiti che qualificano lo sviluppo umano: sociale, politico, economico, educativo.
Dopo la pandemia e la crisi economica che ne è conseguita, oggi siamo chiamati a ricostruire società coese e solidali, in grado di superare gli squilibri sociali, economici e ambientali che stanno compromettendo la stessa vita di questo nostro pianeta.
La presidenza italiana del G20 ha ritenuto, per queste ragioni, di porre al centro della sua agenda tre priorità: persone – pianeta – prosperità.
In questo percorso, le personalità religiose dei Paesi europei, hanno un ruolo rilevante nel contribuire a risvegliare le sensibilità assopite e nello stimolare un ampio e fecondo dibattito pubblico, che tocca aspetti cruciali per il futuro della nostra Europa e del mondo intero.
Giovanni Paolo II, in occasione della sua visita al Parlamento Europeo, nel novembre del 1988, auspicava che l’Europa unita si impegnasse a riconciliare l’uomo con la natura, a riconciliare l’uomo con tutti i suoi simili, a riconciliare l’uomo con se stesso.
Una missione che non viene mai meno: quella di unire i popoli e i loro destini, per il bene comune dell’umanità.
Vi ringrazio della vostra presenza ed esprimo l’apprezzamento per l’impegno che dispiegate a favore di un’Europa rinnovata, in un mondo in pace.
Vi rivolgo gli auguri migliori di buon lavoro. E ancora benvenuti al Quirinale.