Palazzo del Quirinale 31/12/1994

Messaggio di fine anno, 31 dicembre 1994

Buona sera. Buona sera a tutti!

È la tradizionale sera degli auguri. Ma io penso che, soprattutto questa sera, alla chiusura di questo 1994, occorrono delle considerazioni prima degli auguri. Occorre non chiudere gli occhi sulla realtà nella quale viviamo; occorre, vorrei dire, un atto o più atti di verità.

 

Volevo dare uno sguardo ai momenti salienti, ai momenti più faticosi, più dolorosi, più duri di questo 1994.

 

Anzitutto, alle pagine ancora insanguinate in Europa e le ultime di queste giornate; è vero che si dice che sono problemi interni di un paese e nessuno ha diritto di andare a controllare! Non faccio un discorso di politica estera, faccio un discorso umano. C'è gente che spara, c'è gente che muore. Ci sono bambini che muoiono!

C'è ancora violenza: criminalità organizzata, sequestri di persona; ai commerci illeciti, della droga, delle armi, del nucleare, si sono aggiunti persino i commerci di organi umani!

Ancora tanto ed intenso il lavoro dei magistrati - e noi diciamo un grazie per quello che fanno - per i reati contro l'amministrazione dello Stato.

Ancora interrogativi su come chiudere la fase più grave della corruzione politica.

E io devo dire con molta semplicità che, pure questa fase, ha bisogno di essere chiusa. Occorre trovare la strada.

Occorre saperla chiudere. Certo, secondo giustizia, una giustizia vera, senza applausi e senza contestazioni: giustizia!

Né si possono tacere, a proposito della giustizia, le gravi preoccupazioni che si generano nell'animo dei cittadini, di fronte ad atteggiamenti che possono dare la sensazione, o peggio, di contrasti fra mondo politico e Magistratura, fra gli stessi organi giudiziari, fra questi e il ministero della Giustizia.

I compiti che la Costituzione affida a ciascuno dei poteri dello Stato e dei vari uffici devono essere a garanzia di tutti. E la fiducia nell'indipendenza e nella serenità della giustizia è questione di vita.

E occorre anche sottolineare, ancora una volta, un dilagare di polemiche personali, di forme di insinuazione, di vere aggressioni anche ad organi costituzionali. Manifestazioni che presentano non la libertà di espressione del proprio pensiero, ma la degenerazione, la degradazione, non degne della democrazia.

E non solo: ma la grande pagina del lavoro, con il tema doloroso della disoccupazione, della sottoccupazione, di chi attende nella speranza di essere richiamato a lavorare e questa speranza è sempre nelle nebbie.

Le famiglie, i problemi dei giovani, i problemi degli anziani.

E qui ancora sofferenza per chi è stato colpito dalla grave alluvione.

 

È un elenco di cose non liete, questo, in questi giorni, è caduta anche la crisi di governo.

 

A fine anno, questo 31 dicembre, vien fatto di dire: beh, è un po' sconfortante, forse scarsa è la speranza.

 

Ma, prima di arrenderci, un momento, vogliamo vedere le cose positive?

 

Guardate anzitutto le due grandi, coraggiose pagine di questi ultimi tempi, di pace nel mondo. Israele con i palestinesi, Israele con la Giordania con il patrocinio del Presidente degli Stati Uniti: non è una pagina di piccolo conto!

Pensiamo alla intensificata lotta alla criminalità, qui da noi, con grandissimi successi, eccezionali successi. Con il plauso riconoscente della nazione che ripete la fiducia nella Magistratura, nelle forze dell'ordine, infaticabili e coraggiose e tante volte eroiche. Fiducia non toccata da scoperte di mali che toccano i magistrati, che toccano settori delle forze dell'ordine.

 

Io credo che mi capirete se qui mi fermo un istante in commossa meditazione; perché parlare stasera delle forze dell'ordine e non dire il nome di Vincenzo Parisi, è impossibile. Un servitore delle istituzioni, un grande Uomo carico di senso dello Stato, con una capacità di servire eccezionale, di riserbo, di fedeltà, di stare al di sopra. 

Un momento di meditazione che non può colmare il vuoto.

 

E, poi, proseguendo in questo elenco di cose positive, questa intensa, aumentata volontà politica di lottare insieme con i vari stati che sentono il dovere morale e politico di difendere la sicurezza della persona umana in ogni parte del mondo.

E i successi sul piano internazionale con la presidenza del G-7 alla presenza della Russia per la prima volta; con l'ingresso, anche se temporaneo, veramente meritato dell'Italia nel Consiglio di Sicurezza.

E la presenza militare dell'Italia in tante parti del mondo per portare pace e aiuti umanitari: presenza e impegno pagati anche con il sacrificio della vita!

E vorrei sottolineare, in particolare, che la democrazia italiana ha dato prova di essere vitale e saldamente radicata nella coscienza dei cittadini e, con la intelligente laboriosità di tutti, ha saputo continuare sulla via della ripresa per conseguire traguardi di progresso economico e sociale.

Ce n'è di cose positive!

 

E guardiamo, un momento, le prove vive e confortanti della solidarietà umana, con eroici sacrifici, per la fraternità, per la pace in patria e in tante parti del mondo.

 

È uno sguardo; terminato il quale, fatta questa sintesi, mi vien fatto di dire: e noi?

Noi! Noi continuiamo un cammino difficile, con tensioni innumerevoli - consentitemi - diverse delle quali ce le potremmo risparmiare con un po' di senso di responsabilità!

La nostra meta è una democrazia vera.

E io mi sento di dire che questa meta di democrazia vera sarà raggiunta dalla forza e dalla fede del popolo italiano.

 

Una democrazia vera che abbia al centro l'uomo, l'uomo libero, l'uomo giusto, rispettoso delle libertà altrui, l'uomo che come cittadino possa sempre sentire viva la presenza dello Stato, in ogni ordine e grado: Comuni, Province, Regioni, lo Stato, al centro.

Una presenza capace di mutare nei cittadini una convinzione, che pare invincibile, di uno Stato inefficiente, insensibile, sempre inadempiente.

Occorre un risveglio forte, idoneo ad un dialogo umano tra Stato e cittadino, fatto di lealtà, di credibilità vicendevole, perché si ricostruisca una fiducia veramente valida.

 

Per questi fini noi abbiamo bisogno di stabilità politica.

Abbiamo bisogno di credibilità politica.

Abbiamo bisogno di fiducia politica.

Abbiamo bisogno di aumentare stima e fiducia verso l'Italia sul piano internazionale.

 

Per tutto questo si chiede, giustamente, il massimo impegno al Presidente della Repubblica. Si chiede il massimo impegno a tutti gli organi costituzionali dello Stato. Ed è giusto!

Però si chiede anche l'impegno dei cittadini, di ogni cittadino. Me lo consentite? Di ogni cittadino!

 

La comune attesa si rivolge soprattutto al Parlamento, vertice della costruzione costituzionale, dal quale si attendono risposte chiare e di vasto consenso per le necessarie regole della vita democratica e per le promesse riforme costituzionali.

 

E adesso non desidero certo mutare il messaggio augurale alterandone il significato. Ma mi sarebbe parso assai strano rivolgervi la parola facendo finta di nulla su tutto ciò che oggi assorbe la nostra attenzione, la nostra preoccupazione, il nostro impegno, la nostra responsabilità. Ne parlo con l'oggettività doverosa che fa capo alle responsabilità del Capo dello Stato.

 

Vorrei volgere lo sguardo a punti fermi di riferimento.

 

Il primo punto fermo è una bussola sicura che ci indica la strada da seguire, a garanzia di tutti, ed è la Carta Costituzionale, che, fino a quando non sarà legittimamente modificata, è viva! E impegna tutti ad applicarla fedelmente e totalmente.

Lí, noi troviamo le indicazioni e i binari per affrontare e risolvere anche le crisi di governo che sono momenti delicati, sono momenti difficili nella democrazia italiana; ma - io l'ho già detto - non possono mai essere dei fatti patologici o innaturali, men che meno, delle catastrofi. Sono delle crisi di governo!

 

Altro riferimento, che io tengo davanti doverosamente e convintamente, è il risultato elettorale del marzo scorso. Risultato della libera volontà popolare cosí come espressa dalle urne.

 

Allora, Costituzione e risultato elettorale. Risultato elettorale dal quale poi in Parlamento si è costituita una maggioranza, e quindi un governo, maggioranza che ora è venuta meno e ha costretto l'apertura della crisi.

 

Siamo politicamente ad una svolta. Siamo ad un bivio importante. Occorre prendere una strada.

 

Ecco, prima di fare qualche altro commento, mi permettete una precisazione: non siamo ad una contrapposizione, ad una polemica, ad un braccio di ferro fra il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio. Non lo siamo proprio! Chi dice o scrive ostinatamente questo, non vuole conoscere o fa finta di non conoscere o non ce la fa proprio a conoscere la Costituzione della Repubblica italiana!

Perché: il Presidente del Consiglio sostiene la tesi delle elezioni immediate; il Presidente della Repubblica, secondo dettato costituzionale,non puòfare prevalere nessuna sua tesi personale, ma deve registrare la volontà del Parlamento.

Per questo, le consultazioni, delle quali il Presidente deveprendere atto. Per questo, questa serie di dialoghi che non sono un perditempo: sono una raccolta di pareri, di diagnosi, di sensibilità, dalle quali il Presidente trae la volontà comune maggioritaria, almeno del Parlamento.

E quando la realtà parlamentare fosse inidonea a mettere al mondo un governo, prevale talmente il Parlamento che il Presidente della Repubblica, prima di sciogliere, devesentire il parere del Presidente del Senato e il parere del Presidente della Camera, anche se non sono pareri vincolanti, cioè che lo vincolano. Mali deve sentire, perché sono obbligatori!

 

Allora, da una parte, c'è la proposta del Presidente del Consiglio e, dall'altra,non c'è una tesi o una proposta del Capo dello Stato, ma c'è la volontà del Parlamento, che il Capo dello Stato deve raccogliere e deve registrare.

 

E allora, riprendiamo.

Siamo ad un bivio. Siamo ad una scelta: chi vede la soluzione della crisi di governo nel ricorso a elezioni con scioglimento immediato del Parlamento, Parlamento - lo dico amorevolmente - che vorrei pregare di non definire mai delegittimato; chi privilegia le gravi e urgenti questioni che incombono e che esigono la presenza di un governo nella pienezza delle sue prerogative. Due ipotesi. Bisogna essere chiari: due ipotesi entrambe corrette sul piano costituzionale. Poi, ognuna delle due, può essere discussa politicamente, ma entrambe corrette sul piano costituzionale.

E chi, invece, sostiene che si debba attendere, che ci voglia un governo e del tempo.

Perché si vuole del tempo?

 

E vi è chi accenna a problemi finanziari che non attendono e debbono essere affrontati, pena una ulteriore caduta dell'immagine e della fiducia dell'Italia sul piano internazionale!

 

E chi ricorda la grave questione della disoccupazione, specie giovanile, che assume caratteri umanamente penosi e allarmanti nel mezzogiorno; e si richiama, inoltre, a temi importanti, a cominciare dalle riforme costituzionali. Temi presenti, pure con impostazioni e soluzioni diverse, un anno fa. Temi presenti in tutte le agende elettorali di tutti i gruppi, partiti, movimenti che si sono presentati alle elezioni. L'agenda era precisa, poi ognuno dà a questi termini un contenuto, un risultato, un'interpretazione diversa.

 

E si fa ancora riferimento a questioni che devono essere chiarite e votate prima del ricorso alle elezioni, perché riguardano regole essenziali di vita democratica che devono entrare in vigore proprio per consentire di andare alle urne in quella par condicio tra le forze politiche, alla quale io stesso mi sono più volte richiamato, perché è condizione vitale per uno Stato democratico. Dissi una volta, appellandomi alla par condicio: "Questo è compito precipuo del Capo dello Stato, nella sua veste di garante, di richiamare che andare alle urne con delle posizioni non a pari forze, vuol dire andare in una posizione pericolosa per la democrazia".

 

Attenzione!

È chiaro che chi è favorevole a qualsiasi immediata soluzione, cioè a elezioni immediate, non è che sia contro a tutto questo che ho elencato: ritiene che tali problemi e tali adempimenti possano più adeguatamente essere affrontati da un nuovo Parlamento.

 

Ora, come ho detto ieri ai giornalisti - so che qualcuno ha commentato negativamente, ma c'è sempre qualcuno che è un po' triste! - ioho soltanto constatatociò che tutti hanno potuto constatare facendo la somma delle dichiarazioni, che sono state trasmesse alla televisione, di tutti i gruppi che io ho ricevuto.

 

Il Presidente della Repubblica, dopo le prime consultazioni, avendo constatato la maggioranza, al Senato e alla Camera, di pareri contrari a elezioni immediate, ha il dovere costituzionale di esaminare se esistono le condizioni per costituire un governo che possa governare.

 

Questo impegno spiega il secondo, più breve, giro di consultazioni che ho annunziato, che dovrebbe consentire di concludere, io penso, entro pochi giorni.

 

Qui è necessaria la buona volontà e la collaborazione di tutti, perché quello che conta, quello che deve contare, soprattutto, è il supremo, generale interesse del popolo italiano.

È certo responsabile il Capo dello Stato, ma vale per ciascuno. E a ciascuno chiede di privilegiare gli interessi generali di fronte anche alle legittime aspettative di parte.

 

Vorrei essere capace, vorrei sapere offrire questo appello; lo dico a tutti, se mi permettete, lo dico, con affetto, al Presidente del Consiglio nel presentargli gli auguri, all'onorevole Berlusconi. Glielo dico rispettando la sua posizione e anche la ferita che ha avuto in questo momento nella rottura della maggioranza. Dico solo questo: siamo chiamati entrambi, forse più che altri, a questo richiamo di questa nostra Patria, se insieme possiamo, ognuno nelle proprie responsabilità, ovunque noi siamo oggi o domani, portare la forza della nostra convinzione, che crediamo in questa Patria, che vogliamo servirla questa Patria.

Abbiamo lavorato sette-otto mesi insieme. Abbiamo avuto, a volte una posizione dialettica, ma credo che sia anche un fatto intelligente. Molti ci hanno inzuppato il pane per dire che eravamo in guerra dal mattino alla sera. Io non me lo sono mai sentito, ma non credo che neanche il Presidente Berlusconi se lo sia sentito!

 

Ma, certo, siamo chiamati forse a grandi rinunzie, forse a cercare momenti di tregua, forse a qualche sacrificio. Ma abbiamo davanti una Patria che è del popolo italiano. A noi è dato di servirla, solo di servirla, sempre di servirla, pagando!

 

Per questo, questo appello vivo, cordiale, amichevole che va anche ad ogni responsabile della cosa pubblica, perché, in un momento tanto delicato, sappiamo unire le forze, le volontà per servire nel modo migliore questa nostra Italia. Vorrei sperare che, da tanti o da tutti, questo appello non rimanga inascoltato!

 

E qui mi fermo, in questa lunga parentesi di constatazioni di realtà politiche. E dico che, se la realtà che viviamo, al sorgere di un nuovo anno, se è vero che, con tanti aspetti dolorosi, ci richiama a responsabilità, ci ricorda anche di quante forze positive e valide sia ricco il nostro popolo! Manifestazioni di solidarietà, di generosità, di ingegno italico, di laboriosità, di capacità imprenditoriale, di valide e ammirate presenze nel mondo, di intelligente ricerca scientifica, di profondità di pensiero.

Guardate che ricchezza!

E quanto è lo spazio occupato dalla bontà, dalla fedeltà al dovere, dal sacrificio silenzioso, tante volte eroico, ma ignoto a tutti, da infinite espressioni di amore?

Quante famiglie buone, oneste semplici che sanno accontentarsi!

Allora, ogni esame del quadro sociale e politico non può mai prescindere da queste pagine di vita umana che sono il tessuto della storia del nostro popolo e sono più vive e più vere di tanti vani clamori o di talune penose assenze di umanità.

 

Ecco, solo dopo queste premesse, dopo queste considerazioni, allora, mi sento libero di fare gli auguri.

 

Auguri di buon anno.

Allora, questo augurio può avere senso, perché l'augurio vale se corrisponde ad un impegno forte, per attuare cose, tante volte auspicate e promesse e, soprattutto, per operare insieme per il bene di tutta la comunità nazionale. Tutta!

Allora, con l'impegno può giungere l'augurio ad ogni casa, ad ogni famiglia, ad ogni persona.

Lo faccio sempre con fatica, perché mi pare di essere un invasore, e vi chiedo scusa. Busso delicatamente alla porta, sta a voi se volete aprire.

 

L'augurio, specie dove vi sono le persone che soffrono, per sofferenze diverse, tante volte nascoste; dove si attende lavoro. L'augurio può giungere ai giovani, con i molteplici problemi del domani. Può bussare alla porta di chi è esasperato, di chi non vuole più sentire parole: e ha ragione, e gli chiedo scusa.

 

Auguri, dunque, a voi tutti, ma soprattutto ai sofferenti, ai provati, ai senza speranza, ai cittadini d'Italia, ai cittadini di questa nostra terra italica, ai cittadini di Italia in tutto il mondo: in tutto il mondo, da antica data o da recente momento; ambasciatori di laboriosità e di italianità che ci fanno sempre fare una gran bella figura che forse non sempre meritiamo!

 

Auguri a voi, ospiti graditi, che provenite da altre terre, da altri popoli e a volte soffrite perché noi non sempre abbiamo comprensione.

Vogliamo che ognuno senta di non essere solo.

 

In questo anno ho dialogato con tanti uomini di Stato, sia all'estero che qui al Quirinale. Ho cercato che gli incontri non fossero mai un vano spettacolo, ma un intreccio umano di conoscenze e di operosità. Ho tratto vantaggio da colloqui utili, concreti e solidali. E ho avvicinato credo centinaia di persone. Ho conosciuto in tanti incontri quotidiani problemi giuridici, finanziari, sociali, problemi politici, umani - problemi umani! - che chiedono al Capo dello Stato comprensione e appoggio.

Ho avuto l'onore di parlare con sofferenti di innumerevoli privazioni, con chi consuma la vita per aiutarli a vivere.

Ho ammirato volontari nella miriade delle opere di misericordia, dove domina solo e luminoso l'amore per gli altri.

 

In questi casi il mio augurio si muta in un grazie. Un grazie commosso per l'immane lezione di amore che ho visto. Lezione non proclamata a parole, ma vissuta e pagata.

 

E grazie a tutti coloro che nelle più alte responsabilità, nell'ignoto vivere quotidiano, hanno servito la comunità, la Patria con sacrificio e con amore.

A voi, donne, ovunque impegnate, sia ai vertici decisionali di ogni settore di responsabilità, sia nelle molteplici attività professionali, sia a chi consuma l'esistenza nella quotidiana e insostituibile presenza familiare, silenziosa ed eroica, giunga l'augurio del Capo dello Stato, che, ragazzo, ha conosciuto nella sua casa questa pagina di vita familiare inimitabile, fatta di sacrificio, di quotidiano eroismo e di amore.

 

A voi, giovani, vorrei che vi sentiste vicini. È poca cosa. Lo so che, dicendovi che vi sono vicino, non ho detto nulla. Ma vicini con l'impegno di difendere le vostre legittime speranze, con l'augurio di essere voi fermi negli ideali e di non cedere alle insidie.

E grazie a Te, Pontefice di Roma, a Te che, tra le sofferenze di quest'anno, non hai tralasciato mai la parola e la presenza per la difesa dell'uomo, di ogni uomo e della sua pace.

E grazie a voi, Pastori di religioni diverse, che mi offrite la vostra preghiera e tante volte concludete il vostro messaggio con "Dio benedica l'Italia".

Grazie ad ogni testimone di pace, a ogni orante, viandante per la pace, operatore, portatore di pace.

Se tutte le preghiere, le voci, si uniranno sarà finalmente pace!

 

E ora mi consentirete, prima di chiudere, due richiami.

Nella metà del mese di novembre scorsoè uscito un rapporto dell'Associazione Umanitaria Britannica "Salvare i bambini", della quale leggo solo qualche dato terribile: un milione e mezzo di bambini sono stati uccisi in guerra negli ultimi dieci anni; nello stesso periodo altri dieci milioni di bambini sono rimasti traumatizzati dalle guerre; quattro milioni di bambini sono rimasti menomati; dodici milioni hanno perso le case. Non proseguo! Non proseguo! La strage odierna degli innocenti: malgrado i nostri morti per la pace, malgrado il sacrificio di missionari, cattolici e di altre religioni, malgrado il sacrificio di tanti portatori di pace!

Ci sentiamo inermi, inutili; ci sentiamo quasi colpevoli.

E torna l'umano interrogativo: e, di fronte a tanta innocente sofferenza, e noi?

E torna questo interrogativo per me, di fronte a tanta sofferenza innocente: e io?... E io?

 

Il secondo richiamo lo traggo, fra gli indefiniti esempi di altruismo e donazione che ho avuto il grande dono di Dio di avvicinare, da Osimo, nelle Marche.

Ho conosciuto l'opera del Filo d'Oro. Persone che avendo i propri doveri, i propri problemi cui pensare, donano sentimenti, cuore, tempo e fatica senza misura per chi nasce cieco, sordo e muto, per aiutarli a trovare una via per ricongiungersi al mondo e cosí poter donare, a noi tutti, la misteriosa ricchezza di intelligenza e di amore di cui sono colmi, ma che la natura ha chiuso - tesori inestimabili - in scrigni senza chiavi!

 

Allora lasciatemi gridare: dunque finché al mondo vi sarà qualcuno capace di amare, non si spegnerà mai la speranza! E ogni augurio è anche offerta di speranza.

 

Ma, chiudendo, mi pare di sentire una voce che mi turba un poco. "Queste sono parole, questa è oratoria, signor Presidente, questa può anche essere lirica! Altro che parlare di amore! Qui ci sono diritti che attendono riconoscimento, doveri trascurati impunemente, ci sono tante cose che non vanno; anzi qui non va più nulla!" Me lo son sentito dire: "Tutto male, tutto marcio".

Ebbene, non mi arrenderò mai ad una diagnosi cosí nefasta e pessimista e antiumana. Mai!

 

Né accetterò mai di credere che un paese dove per caso tutte le cose, e solo le cose, fossero a perfezione, possa essere ritenuto più giusto e più vivibile.

Che tante cose debbano essere messe a posto, è giustizia ed è fuori dubbio, ma noi stiamo in crisi, ricordiamocelo, soprattutto per i valori più alti dell'uomo. Noi siamo in crisi per i valori dello spirito. Noi siamo in crisi per i valori della cultura e degli ideali.

Non facciamoci trascinare a valutazioni che riguardino solo le cose. Solo le cose!

Sarebbe la fine dell'uomo! E la democrazia è dell'uomo. La democrazia è per l'uomo!

 

Qui, qui sono le radici del nostro, del mio impegno indispensabile di ottimismo; e su questo, solo su questo, si ricostruisce.

 

Buon anno!

 

Buon anno a tutti, con tutto il cuore!