Palazzo del Quirinale 13/06/2020

Intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della prima maratona digitale di Visionary Days intitolata “Quale Futuro”:

«Rivolgo a tutti quanti il saluto più cordiale. Vorrei iniziare sottolineando come si avverta una diffusa voglia di futuro.

Nessuno meglio delle giovani generazioni può interpretarla.

La pandemia ha colpito duramente nelle società di tutto il mondo. E questo richiama la responsabilità di tutti nell’adoperarsi per prospettive migliori.

Rivolgo un ringraziamento al ministro Spadafora, a Carmelo Traina, a Lucia Abbinante, per questa iniziativa, e ringrazio tutti i giovani coinvolti, che vedo nello schermo nelle immagini che li raccolgono.

Una preziosa iniziativa, innovativa, con cui i giovani dialogano in prima persona con il mondo delle istituzioni, con le loro prospettive, speranze, difficoltà.

Le quattro aree di confronto - pianeta, partecipazione, incontro e percorsi - sono di importanza primaria. E viene, semmai, da chiedersi se esse siano oggi realmente parte centrale del dibattito politico.

Le grandi trasformazioni politiche e sociali, intervenute negli ultimi decenni, hanno in qualche modo affievolito i canali tradizionali di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. Un divario sempre più evidente che è stato in parte surrogato dalla massiccia presenza dei nuovi mezzi di comunicazione fondati sull’utilizzo del web; che, peraltro, non ha ancora trovato un punto adeguato di maturazione.

La freddezza e la diffidenza dei giovani rispetto alla politica, la sempre più rara disponibilità che si registra a un confronto circolare, di idee, di proposte, di suggestioni rendono la comunità nazionale più fragile. E rendono più incerta e più difficile la possibilità di individuare una strada per progettare il futuro in questo mondo ormai globalizzato.

Disegnare il futuro comune è, per definizione, compito precipuo della politica. Progettare il futuro diventa ancor più delicato, più cruciale dopo questa grave crisi provocata dall’insorgere della pandemia, che ha sconvolto la quotidianità della nostra vita, mettendo in discussione abitudini consolidate e mettendo in discussione comportamenti scontati.

Sono questi nel nostro Paese, giorni di impegno e di riflessione. Nuove idee sono richieste per rispondere a sfide inattese. La voce dei giovani può recare, in questa come in altre prossime occasioni, un contributo originale e di più nitida percezione delle necessità.

Vi è un’attesa esigente: ci si interroga su come il Paese possa imboccare, in questa fase di ricostruzione, strade più moderne e insieme più rispettose delle risorse naturali, per modelli di vita che vedano le persone, al centro degli sforzi di crescita della nostra società e di quella che disegneremo.

Non sono esercizi facili. L’esplorazione in atto delle proposte di forze economiche, sociali e culturali dell’Italia, in corso a partire da questi giorni, deve saper approdare a risultati concreti. Per trarre dalla difficile esperienza vissuta in questi mesi una spinta per recuperare il meglio di noi stessi.

La Commissione Europea, il 27 maggio, due settimane addietro o poco più, ha lanciato la proposta col significativo nome di “Next generation UE” che guarda al futuro delle giovani generazioni dell’Unione. Questa proposta, per la sua ampiezza e per le finalità che si propone, non ha precedenti nella storia dell’Unione. L’Italia è chiamata a partecipare a questo grande progetto, con decisioni volte a rimuovere quel che oggi ostacola la crescita sociale ed economica; e che produce ingiustizie e diseguaglianze.

Considero questa di oggi, una tappa dell’interrogarsi dell’Italia, su se stessa, e sul proprio avvenire: in questo caso, da parte di giovani.

A una società provata, e disorientata, per scrivere una nuova pagina, serve l’animo della sensibilità giovanile sgombro da pregiudizi, a differenza di altri. Serve la loro curiosità, serve il loro entusiasmo.

La condizione giovanile è sinonimo di futuro, ma questa espressione non basta a individuare i fenomeni complessi che la caratterizzano. Rischia, persino, di essere fuorviante se dovesse distrarre dall’urgenza del presente che siamo chiamati a vivere, qui e ora. Perché mai come oggi è vero che il futuro è già qui, è già cominciato.

Ne è testimonianza questa stessa assemblea, che voi componete, e non soltanto per le fasce di età che sono rappresentate in questa vostra assemblea.

A ogni generazione toccano in sorte tempi, e prove, diversi.

Penso ai ragazzi chiamati alle armi e coinvolti nelle tragedie dei due conflitti mondiali nel secolo scorso.

Penso alla generazione piena di speranza che ha avuto, nel dopoguerra, il compito di costruire l’eredità della pace e dello sviluppo.

Quelli che viviamo sono tempi di grandi cambiamenti. Dobbiamo saperli indirizzare in positivo; per questo occorre adoperarsi con serietà.

La storia dell’umanità è scandita da successi, da crisi, da ripartenze. Queste ultime sono complesse, faticose ma per molti versi anche stimolanti.

È un dovere far sì che il nostro, e soprattutto vostro, domani sia migliore in termini di occupazione, di qualità della vita e dell’ambiente, di crescita dei diritti e della conoscenza, di pace e di integrazione tra i popoli.

La condizione per riuscirvi è che l’impegno sia corale, autentico, aperto. Che abbia davvero lo sguardo rivolto al futuro e non a effimeri interessi personali o di parte, o a rendite di posizione, o a stasi e rinunzie frutto di timore.

L’auspicio che faccio, augurando buon lavoro, è che vi siano in tutto il nostro Paese, partecipazione, dialogo, ascolto. E che si pensi in grande, come mi sembra davvero che voi abbiate intenzione di fare quest’oggi.

Auguri e buon lavoro».