Riga 13/09/2018

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla prima sessione di lavoro della XIV Riunione informale dei Capi di Stato del Gruppo Arraiolos, dal titolo “Costruire la resilienza sociale: tra hard e soft security”

Essere qui in questo splendido luogo, nel centenario dell'indipendenza della Lettonia - come dell'Estonia e anche della Lituania (seppur qui non rappresentata) - accresce l'importanza di questo nostro incontro e il suo significato.

Vorrei ringraziare il Presidente per avere scelto, per moderare questo nostro incontro, una donna, cercando così di compensare un po' lo squilibrio che c'è tra di noi, tra uomini e donne.

Vorrei anche ringraziarlo per la scelta del tema, perché tutti avvertiamo quanto sia diffuso tra i nostri concittadini il senso di insicurezza in questa stagione storica, e tutti avvertiamo però l'esigenza di mettere a fuoco, in maniera concreta ed effettiva, la ragione di questa insicurezza e i modi per affrontarla e superarla.

Poc'anzi l'amico Presidente Pavlópulos ha posto, in maniera importante, uno dei temi che provocano insicurezza: quello climatico. I problemi dei versanti economico e sociale sono tanti ma, certamente, non vi è dubbio che lo spazio che, in questo momento, impegna particolarmente la nostra attenzione sia quello cibernetico.

Abbiamo avuto fin qui, in Europa, lunghi decenni di pace e però adesso si sono moltiplicate le minacce, diverse, nuove, a questa condizione: sono minacce complesse che riguardano non soltanto la sicurezza dello Stato ma quella dei singoli cittadini e del lavoro complesso organizzato in società.

C'è un grande imprenditore italiano di qualche decennio addietro, anche studioso della società, che ha definito i computer, gli algoritmi e le reti come ‘tecnologie di libertà’. Noi dobbiamo fare in modo che realmente lo spazio cibernetico sia uno spazio di libertà e non uno spazio di ostilità e di insidie alla convivenza intera di ogni singola società e alla convivenza internazionale.

Questo attiene davvero alla qualità della vita e quindi incide molto, in maniera consapevole o inconsapevole, sul senso di sicurezza dei nostri concittadini.

Sappiamo tutti bene che le conseguenze di attacchi informatici possono essere disastrose: sui sistemi informatici pubblici, sulle banche, sui sistemi elettorali, sui sistemi sociali e sanitari. E la possibilità che grandi gruppi criminali, o anche Stati con atteggiamento ostile, possa provocare questi danni disastrosi è davvero allarmante per tutti.

Credo che molti conosciamo i tanti allarmi che vi sono.

Di recente su Foreign Affairs due ex responsabili della difesa degli Stati Uniti hanno affermato che vi sono Stati che stanno armando Internet. Vi sono pericoli nuovi, appunto, molto più insidiosi che consentono anche - come tutti ben sappiamo e registriamo a volte - la manipolazione delle pubbliche opinioni.

Gli strumenti tradizionali, anche i più perfezionati e avanzati di difesa, sono inermi rispetto a questi pericoli e a queste insidie.

Quindi l’esigenza è quella del tema scelto dal nostro ospite, il presidente Vejonis, cioè rendere resilienti le nostre società. Ciò richiede - come tutti intuiamo ma dobbiamo definire sempre meglio e concretamente gli strumenti - una collaborazione di tutti i soggetti interessati: gli Stati, le istituzioni internazionali, i grandi colossi del Web.

Gli Stati, così come tradizionalmente hanno l'obbligo di difendere fisicamente dagli attacchi fisici, hanno l’obbligo di difendere i loro concittadini anche da questi attacchi virtuali.

I giganti del Web, che hanno realizzato Internet, hanno la responsabilità di renderlo un luogo di libertà e non un luogo di insidie.

Sono queste le necessità: quelle di mettere insieme, in maniera determinante - e questo lo può fare l'Unione e non i singoli Stati - tutti questi soggetti perché intervengano in maniera coordinata in questo senso.

Ma la cosa più importante, a mio avviso, è creare gli anticorpi della società, cominciando dalla scuola, dalla continua formazione dell'uso del Web.

Cioè la vera difesa e il vero anticorpo contro le insidie cibernetiche è anzitutto lo spirito critico dei cittadini.

Per questo non dobbiamo cadere nella trappola di pensare di potere irreggimentare i nostri concittadini orientandoli, ma dobbiamo stimolare la loro libertà e il loro spirito critico perché questa è l'unica difesa effettiva che nelle società si può avere nei confronti delle insidie cibernetiche.

Vi sono responsabilità dello Stato: contrastare queste insidie, questi attacchi e queste possibilità; responsabilità delle comunità internazionali; ma vi sono anche gli strumenti per rendere i cittadini reattivi rispetto a questi pericoli.

E questo richiama i nostri valori di fondo, quelli che motivano e hanno dato vita all’Unione europea: le libertà, i diritti civili, i diritti fondamentali.

Sarebbe un errore pensare di difendersi da questi pericoli che vengono dal web blindando i confini territoriali, o linguistici, o etnici, perché i confini, rispetto a queste minacce cibernetiche, non esistono più, non sono una difesa.

L'unica difesa nella organizzata, coordinata, consapevole e efficace azione degli Stati, delle Organizzazioni internazionali e dei giganti del Web è soprattutto – ripeto - l'accrescimento dello spirito critico e del protagonismo dei singoli cittadini.

Questo è ciò che richiama tutti noi, governi e Unione europea, al recupero pieno dei valori fondanti dell'Unione.