Palazzo del Quirinale 25/04/2006

Cerimonia di consegna del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi delle Medaglie d'Oro al Merito Civile nella ricorrenza del 61° anniversario della Liberazione

 

CERIMONIA DI CONSEGNA DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI DELLE MEDAGLIE D'ORO AL MERITO CIVILE
NELLA RICORRENZA DEL 61° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE

Palazzo del Quirinale (Cortile d'Onore), 25 aprile 2006

Signor Presidente della Camera dei Deputati,
Signor Presidente della Corte Costituzionale,
Signor Vice Presidente del Senato,
Onorevoli Ministri,
Autorità,
Signore e Signori,

poco fa, quando ormai prossimo alla scadenza del mandato presidenziale, ho salito la scalea del Vittoriano, ho rivissuto lo spirito col quale lo feci la prima volta, il giorno stesso dell'insediamento, il 18 maggio di sette anni fa. Mi è tornato alla mente lo stato d'animo di allora. Nel silenzioso raccoglimento di fronte alla tomba del Milite Ignoto, simbolo di tutti i Caduti per la Patria, rinnovai nel mio intimo il giuramento, fatto poco prima in modo solenne di fronte al Parlamento, di non venir mai meno al mio dovere fondamentale, quello di essere garante della libertà dei cittadini e dell'unità della Patria.
In questi sette anni questo giuramento è stato costantemente l'ispirazione del mio agire. Le radici del mio sentire sono l'amor di Patria, l'orgoglio di essere Italiano. Ho chiara nella mente un'idea dell'Italia, che so condivisa dai miei compatrioti. Negli anni del mio settennato ho esortato gli Italiani a sentire e ad esprimere con forza la propria identità nazionale. E' un sentimento che proviamo con particolare intensità in una giornata come questa.

Celebriamo oggi il sessantunesimo anniversario del giorno della Liberazione e della riunificazione della nostra Italia. Abbiamo reso onore a enti e persone che hanno bene meritato della Patria. In queste giornate, molte memorie si affollano alla mente: più forte di ogni altra il ricordo di coloro che diedero la vita per la libertà di tutti, gli Eroi della Resistenza, sia armata sia civile.
La Resistenza si espresse in molti modi. Ne furono primi protagonisti gli operai che scesero in campo contro la dittatura nel marzo del '43, astenendosi dal lavoro; i militari che dopo l'8 settembre si opposero alle forze che volevano sopraffarli, e i civili che in tante città si unirono a loro. Fu Resistenza quella delle centinaia di migliaia di militari deportati, che preferirono una durissima prigionia al ritorno in Italia al servizio della dittatura. Fu Resistenza la spontanea mobilitazione di popolo per salvare e proteggere militari e civili alla macchia, prigionieri alleati fuggiti dai campi, ebrei minacciati dallo sterminio.
Fu punta avanzata della Resistenza la lotta armata delle unità partigiane nelle città, nelle pianure, nelle montagne, e quella combattuta dalle unità ricostituite del nostro esercito: esse riscattarono l'onta dell'8 settembre. Vorremmo che i nomi di tutti i caduti, di tutte le vittime delle stragi compiute dalle forze di occupazione o della violenza della dittatura venissero ricordati, in ogni Comune d'Italia, da lapidi che ne consacrino la memoria, a memento per le generazioni future. E' il loro ricordo che ci dà ancora forza per affrontare i problemi del tempo presente, con spirito unitario, animati dal forte sentimento dell'amor di Patria. Rendiamo onore, in questa giornata, ai soldati alleati che a prezzo di perdite immense vennero per liberare l'Europa dalla tirannide.

Queste memorie ci spingono anche a una più vasta riflessione sul nostro passato: sul lungo cammino che ha condotto l'Italia a quella giornata felice del 25 aprile 1945, quando siamo tornati a respirare, uniti, l'aria inebriante della libertà; e sul cammino che da allora abbiamo percorso fino ad oggi. E' solo dalla riflessione attenta sul nostro passato, remoto e recente, che possiamo trarre le linee-guida per i nostri comportamenti.
Guardando indietro nel tempo, la mente corre alla conquista dell'unità nazionale, nel secolo del Risorgimento. Ma prima ancora che nascesse lo Stato italiano gli Italiani si sentivano uniti, perché avevano in comune una lingua, una cultura, una lunga storia di civiltà. La nostra identità nazionale ha radici profonde. Roma e la cultura classica; Roma fulcro del Cristianesimo; l'Umanesimo e il Rinascimento - le grandi forze che hanno fatto l'Europa - appartengono alla nostra storia, sono costitutive della nostra civiltà. Questi sono i nostri lontani ma ancora ben vivi punti di riferimento, le prime sorgenti del nostro essere e sentirci Italiani.
Il Risorgimento fece l'Italia libera e unita grazie al confluire degli sforzi di poeti, di scrittori, di uomini di visione e di uomini d'azione, da Giuseppe Mazzini a Camillo di Cavour, ai Re sabaudi, a Giuseppe Garibaldi, ai tanti patrioti che in ogni parte d'Italia non esitarono a dare la vita per la realizzazione del grande sogno che li ispirava tutti: il sogno di un'Italia indipendente e finalmente unita. Un filo ideale ininterrotto unisce gli eroi del Risorgimento, e i soldati che combatterono la Grande Guerra come ultima guerra risorgimentale - i caduti furono 650 mila - ai protagonisti della Lotta di Liberazione, che pose fine all'infausto ventennio della dittatura fascista, complice la Monarchia. Non una tra le grandi Nazioni dell'Occidente può purtroppo vantarsi di non avere attraversato, nel corso della propria storia, in tempi e circostanze diverse, periodi oscuri.
Quando gli Italiani tornarono a votare liberamente, il 2 giugno del 1946, scelsero la Repubblica. Ha avuto allora inizio un nuovo capitolo della storia d'Italia. La nostra società era solcata da profonde divisioni e da antagonismi ideologici tra forze politiche diverse. Fu merito e gloria dei Padri della Repubblica di aver dato vita, con spirito concorde, alla Costituzione, la Carta che ancora oggi stabilisce le regole del nostro vivere insieme. E' nel dettato della Costituzione che un Presidente della Repubblica, eletto come supremo garante delle istituzioni e delle libertà di tutti, trova le parole illuminanti, i principi, i valori, le regole che gli indicano con chiarezza quali debbano essere le sue scelte.
La Costituzione è stata e rimane la mia Bibbia civile, il testo su cui ho riflettuto in ogni momento difficile. Io non sono mai stato un uomo politico, ma soltanto un cittadino al servizio dello Stato. Quando ero già avanti negli anni, mi sono stati affidati compiti politici, che mi sono sforzato di assolvere avendo sempre per sicuro riferimento la Costituzione.

Avevo nel cuore, fin dal primo giorno del Settennato, una idea dell'Italia. Avevo in mente anche un'idea dell'Europa, che la nuova Italia democratica e repubblicana ha fin dall'inizio contribuito a costruire. Animava i padri fondatori della Comunità Europea una risoluta volontà di pace, sola via di salvezza per i popoli europei, per la civiltà che insieme hanno creato, e che avevano rischiato di distruggere. L'Europa unita e libera, non meno dell'Italia libera e unita, è la Stella Polare che fino ad oggi ha guidato il mio cammino.

 Questi sentimenti, frutto delle esperienze di una vita iniziata, nella gioventù, negli anni drammatici della seconda guerra mondiale e della lotta di liberazione, mi hanno ispirato stati d'animo a cui, divenuto Capo dello Stato, ho dato spontanea espressione: l'amor di Patria, l'adesione istintiva ai simboli della Nazione italiana, l'inno di Mameli, la bandiera tricolore, il vessillo levato in alto dagli eroi del Risorgimento.
Mi ha guidato il rispetto delle grandi istituzioni nazionali, create dalla Costituzione repubblicana: il Parlamento; gli Organi liberamente eletti cui è affidato il compito di governare la Cosa Pubblica, nell'ambito nazionale e in quello locale; la Corte Costituzionale, di cui abbiamo appena celebrato il cinquantesimo anniversario; il libero, autonomo e indipendente Ordine giudiziario; le Forze Armate e le Forze dell'Ordine.
Proponendo ai miei compatrioti questi miei sentimenti e convinzioni, ho avuto una risposta popolare corale, al di là di ogni attesa. Nel mio lungo viaggio in tutte le province d'Italia mi sono sentito sostenuto ad ogni passo da un largo consenso, espressione di uno spontaneo, forte, sincero patriottismo.
E' scorsa davanti ai miei occhi l'immagine di un Paese molto più unito, molto più omogeneo, nei suoi sentimenti e nelle sue scelte, di quanto farebbe talvolta pensare l'eccessiva asprezza degli scontri politici di vertice. Tutto ciò mi ha dato forza per affrontare ogni nuova difficoltà, ogni momento di crisi, operando come mi suggeriva la Costituzione, come mi dettava la coscienza.

Si sta ora iniziando, per effetto del voto del 9 e 10 aprile, un nuovo capitolo della storia politica della Repubblica, scandita dal succedersi di atti istituzionali dovuti; primo fra tutti, l'insediamento del nuovo Parlamento. In una giornata come questa, che celebra l'unità e la libertà della Patria, sento il dovere di rivolgere a tutte le forze politiche un forte invito a lasciarsi risolutamente alle spalle le asprezze della contesa elettorale, a ricreare tra di loro e nel Paese quel dialogo che è premessa e strumento del buon governo della Cosa pubblica.
Il dialogo fra le parti politiche è l'essenza della vita di una democrazia serena e operosa, è l'essenza dell'istituzione parlamentare, luogo d'incontro di culture politiche rispettose le une delle altre. Il cuore di una Nazione libera batte nel Parlamento, l'istituzione punto d'arrivo della storia della civiltà europea, creata per dare vita, attraverso un vivace, leale confronto delle opinioni, sia a decisioni condivise riguardanti i principi e le regole istituzionali, sia anche a fruttuose convergenze nelle grandi scelte politiche. Con questi sentimenti rivolgo, in questa giornata del 25 aprile, i miei auguri di ogni bene a tutti gli Italiani.
Viva la Repubblica.
Viva l'Italia.