INTERVENTO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
IN OCCASIONE DELLA
CERIMONIA DI CONSEGNA DELL'ATTO RECANTE
LA CITTADINANZA ONORARIA DI ROMA
Roma - Campidoglio, 27 settembre 2005
Autorità civili, militari e religiose,
Signore e Signori,
caro Sindaco Veltroni,
il mio più caldo ringraziamento per il conferimento, che tanto
mi inorgoglisce, della cittadinanza onoraria di Roma, va, oltre che a Lei, ai
membri del Consiglio comunale, che hanno approvato all'unanimità la decisione
di accogliermi fra i cittadini romani. Il generoso, lusinghiero testo di quella
delibera, così come le parole cordiali, direi anzi affettuose, che Lei mi ha
testé rivolto, mi hanno toccato il cuore. Grazie, grazie davvero a tutti voi, e
agli ospiti autorevoli e numerosi che hanno voluto assistere a questa cerimonia,
per me così importante.
Importante, anzitutto, per il ricordo delle grandi personalità che hanno avuto
eguale onore. Lei ne ha ricordate alcune: e può immaginare i sentimenti che
provo nel sapere che il mio nome viene ad iscriversi in un albo che comprende
tanti grandi italiani.
* * *
Lei, Signor Sindaco, ha voluto cortesemente ripercorrere i
momenti principali del percorso della mia vita, rievocandoli sullo sfondo di
quello che era, di volta in volta, il quadro della storia italiana ed europea
che stavamo vivendo.
Un quadro talvolta, anzi spesso drammatico, ma in altri momenti felice.
Alla guerra folle che ci toccò combattere; al momento delle scelte difficili
che dovemmo poi fare, soli con la nostra coscienza, traendo forza e ispirazione
dai grandi principi di civiltà che la storia d'Italia, e alcuni maestri, ci
avevano insegnato - Lei ha ricordato, per tutti, il nome di un mio maestro, ed
amico, Guido Calogero - ; a quelle prove e a quelle tragedie seguirono anche
momenti di esultanza, in cui vedemmo realizzate le nostre più alte speranze.
Chi mai potrà dimenticare, fra coloro che ebbero la fortuna di vivere quella
giornata, quel 2 giugno del 1946 in cui il popolo italiano, tornando alle urne
in libertà, ritrovò - pur nel forte confronto tra forze politiche diverse - la
sua unità nel quadro della democrazia risorta?
Come non ricordare il giorno in cui un'Assemblea Costituente liberamente eletta,
riunita a Roma, diede vita a quella Carta Costituzionale che è ancora oggi
guida, ispirazione e fondamento delle nostre istituzioni democratiche?
Come non ricordare, in questa città e in questo luogo, il giorno della firma
del Trattato di Roma e quello recente in cui, a compimento di un lungo percorso
di affratellamento tra i popoli europei, si è dato vita, su questo Campidoglio,
al Trattato Costituzionale dell'Unione Europea, che, nella sua essenza, non
posso dubitare di veder divenire un giorno piena realtà?
* * *
Ma, se dovessi seguire l'onda dei ricordi legati alla città di Roma, dove ho
vissuto gli ultimi 45 anni, più di metà della mia esistenza, troppi altri
momenti tornerebbero alla mia mente: momenti di svolta del mio percorso di vita,
e del mio servizio della cosa pubblica; momenti in cui ebbi la fortuna di dare
un qualche contributo, come sorte volle, alla soluzione di problemi che
toccavano la vita di tutta la Nazione.
Lei, Signor Sindaco, ha ricordato quella lunga fase del mio impegno di lavoro in
cui, prima alla guida della Banca d'Italia, poi come Presidente del Consiglio e
successivamente come Ministro del Tesoro, la mia "stella polare",
il mio pensiero dominante, era di come contribuire al risanamento dell'economia,
alla creazione di quelle condizioni di stabilità e di fiducia nella nostra
moneta, che avrebbero aperto più sicuri sentieri al progresso del Paese.
Lei ha poi rievocato una parola, "concertazione", che ha
segnato un momento rilevante del mio servizio, e che mi è ancora oggi fonte di
ispirazione, quando, nel corso del mio lungo viaggio in Italia, continuo ad
invitare i responsabili delle istituzioni locali, politiche e sociali, a "fare
sistema", ad affiancare al vigoroso confronto delle idee la capacità
di costruire insieme le condizioni di una vita migliore per tutti.
Lei ha ricordato il patriottismo, il forte sentimento dell'unità della Nazione,
che, da Presidente della Repubblica, ha guidato sempre ogni mia azione e ha
ispirato il mio dialogo con la gente, e la mia fiducia nelle virtù degli
Italiani, che rasserena le mie speranze per il nostro futuro.
* * *
E infine, Roma: da oggi, a pieno diritto, un'altra mia città, accanto a
quella natia, Livorno. Da decenni partecipo alla sua vita, e guardo con la
massima attenzione al lavoro che i suoi amministratori svolgono per proteggerne
lo straordinario patrimonio d'arte, di cultura e di civiltà, accumulato nella
sua storia millenaria; per favorirne lo sviluppo; per rendere tutti i cittadini
partecipi di un maggior benessere e di una più equa diffusione dei valori etici
e sociali.
Anche in questa visita si affiancheranno alla cerimonia che qui si sta svolgendo
altri momenti di presa di contatto con nuovi centri di servizio sociale e di
attività culturale; e un doveroso omaggio alle vittime della mafia e del
terrorismo, che Lei ha ricordato.
Ma quanto è cambiata, Roma, da quando sono venuto ad abitarvi nel lontano 1960
ad oggi! Si può ben dire che è diventata sempre più capitale, che ha dato
pienezza di contenuti al suo ruolo centrale nella vita dell'Italia libera e
unita: non soltanto per la politica, ma anche per la cultura e l'economia della
Nazione.
In questi quarantacinque anni ho visto evolversi e crescere
straordinariamente la stessa dimensione fisica, territoriale, della capitale
d'Italia. Si è costruita una nuova Roma; è sorta, attorno alla Roma
"murata" che abbiamo ereditato dalla storia, e alla Roma "borgatara"
di mezzo secolo fa, una costellazione di città, di centri industriali e
produttivi, che nella diversità delle loro funzioni riproducono quella cultura
civile, quel particolare modo di sentire la vita cittadina che sono e rimangono
tipicamente romani.
Che ciò crei compiti e doveri nuovi e straordinari alle istituzioni del governo
locale è conseguenza a un tempo inevitabile ed esaltante. Non vi sono soltanto
nuove esigenze pratiche da soddisfare, nei trasporti e in tutti i servizi
pubblici e sociali. Vi si propone un grande obiettivo: far sì che la nuova
realtà urbana, la nuova vasta periferia, sia e rimanga Roma, con i suoi
irripetibili connotati di profonda, genuina umanità. A tal fine non basterà
disporre di adeguate risorse finanziarie. Occorrerà dar prova anche di grande
creatività, e di tenace, fattiva capacità di realizzazione. Pensate in grande,
operate alacremente, portando sempre Roma nel cuore.
* * *
E qui concludo. Avevo pensato a una conclusione, diciamo così aulica, e immaginato di fare mie, con orgoglio, le parole che Paolo di Tarso pronunciò duemila anni fa: "civis romanus sum".
Ma poi mi sono venute alla mente altre parole, oggi più vicine al nostro
cuore, pronunciate in un giorno non lontano - era il 26 febbraio dello scorso
anno - da un personaggio che abbiamo tutti molto amato, capo di una antichissima
istituzione romana, e non mi riferisco a quella di cui Lei, caro Veltroni, è
oggi responsabile; parlo della diocesi di Roma, e del suo Vescovo, il Sommo
Pontefice Giovanni Paolo II: anch'egli, come Lei ha ricordato, cittadino
onorario di Roma, così come il mio concittadino livornese Elio Toaff, per tanti
anni guida illuminata di un'altra antica comunità religiosa romana.
Quel 26 febbraio del 2004 il Papa - era già molto malato, ma il suo spirito
arguto era vivo e indomito - volle concludere un discorso ai suoi parroci e a
tutto il clero romano con alcune parole in romanesco, che mi piace ripetere: "Dàmose
da fa'! Volèmose bene! Semo romani".
Caro Veltroni, cari amici tutti, vogliamoci bene! E diamoci da fare: c'è tanto
da fare. "Siamo romani". Siamo italiani. Essere nati e vivere
in Italia è un dono: a Roma, è un privilegio. E grazie ancora, con tutto il
cuore, per avermi fatto vivere questa giornata: la vita conduce davvero lungo
sentieri imprevisti, a mete impreviste, a gioie inattese! Per questa grande
gioia che oggi mi avete dato, vi rinnovo il mio grazie.