VISITA ALLA CITTA' DI ROMA 11/11/1999

"LA REPUBBLICA": INCONTRO CON LA DIREZIONE DEL QUOTIDIANO E CON I REDATTORI DEL QUOTIDIANO

 

VISITA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
ALLA CITTA' DI ROMA

INCONTRO CON LA DIREZIONE E LA REDAZIONE
DEL QUOTIDIANO "LA REPUBBLICA"

Roma, 11 novembre 1999


Credo che debba dire due parole di risposta. Vorrei, prima di tutto, complimentarmi con tutti quanti voi e, in particolare, con coloro che hanno dato vita, meno di 25 anni fa, a questo giornale. Se ben ricordo si era nel 1976, nemmeno di un quarto di secolo fa. Penso che coloro che presero questa iniziativa, furono vittime, come poi sono stato io nel 1996, di una sorta di quella che io chiamo "lucida pazzia". Cioè in altre parole di avventurarsi in un'iniziativa che, secondo la maggior parte dei benpensanti, aveva scarse possibilità di riuscita.

A me è capitato nel '96 per l'Euro, a Eugenio Scalfari, a Carlo Caracciolo e ad altri amici che sono in questa stanza è capitato allora tra il 1975 e il 1976. La lucida pazzia di voler creare un giornale di tipo nuovo, non solo nella forma editoriale, nel taglio, nelle dimensioni, ma di tipo nuovo nel modo di fare il giornale.

E questo invece è stato un grande successo. Un successo che, tra l'altro, è dimostrato dal fatto che, se non mi sbaglio, l'affermazione di "Repubblica", calcolata in termini di copie vendute, non è avvenuta riducendo le quote degli altri organi stampa già esistenti, ma è stato, in gran parte, aggiuntiva. Trovo questo importante perché, per molti, "La Repubblica" ha significato qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso, qualcosa di aggiuntivo rispetto a quello che offriva la stampa di allora.

Certamente - come ha ricordato il Direttore Mauro - il giornale si è sempre prefisso degli obiettivi quali quello di essere una finestra sul mondo - cioè la sua funzione di dare ampio spazio agli avvenimenti mondiali - e quello di portare avanti un'idea di rinnovamento del Paese.

In questa idea di rinnovamento, quello che è accaduto negli ultimi anni in Italia, è stato centrale; rinnovamento che ha significato, sia pure con tante traversie, con tante difficoltà, con tanti strascichi, da un lato portare un'ondata di moralità nella vita pubblica; dall'altro rendersi conto del rischio che l'Italia stava correndo di restare addietro in un mondo che procedeva, ormai, in maniera estremamente rapida.

Di qui è nato anche un sentimento di orgoglio del Paese sul quale, anche io, ho fatto molto conto per la campagna per l'Europa: cioè il Paese si è reso conto che ha le possibilità, ha la base, soprattutto morale, ha una tradizione storica che gli permette, direi, quasi l'obbliga, a non rimanere indietro in un mondo che cambia rapidamente, in un'Europa che, di questo cambiamento, si è sentita e intende essere parte fondamentale.

Credo che, ormai, tutti sono convinti in Italia che la battaglia per l'Euro - come ricordava il Direttore Mauro - non è stata una battaglia solamente di carattere economico. Certo, è stata una battaglia economica nel senso che attraverso l'Euro abbiamo accelerato l'opera di risanamento, ma è stata soprattutto una scelta di carattere politico.

Lo ripeto in continuazione: il fatto che undici Paesi, in Europa, abbiano scelto di rinunciare alla sovranità di battere moneta è un fatto politico di straordinaria importanza che va al di là del valore stesso economico, monetario di questa grande operazione. Significa veramente il superamento della mentalità che ha insanguinato l'Europa della prima metà del secolo. E' il vero modo di mettere la parola fine ai nazionalismi, alle ideologie che si legano ai nazionalismi deteriori, a tutto quello che ci ha portato alle due guerre mondiali e al totalitarismo fra la prima e la seconda.

Questo, a mio giudizio, è il grande significato dell'operazione Euro. Per questo parlo sempre più spesso di "pace europea", perché intendo affermare questi princìpi che, poi, porteranno a delle conseguenze, seconde me, inevitabili: di proseguire, avanzare ancora nell'opera di integrazione europea, a cominciare dal campo della politica estera e della difesa, e di ampliare l'area dell'Unione Europea, non solo attraverso la partecipazione di nuovi Paesi all'Unione Europea, ma anche ancorando altri che non sono in grado o che non vogliono partecipare a questa realtà dell'Europa.

Nei viaggi che ho compiuto fuori dell'Italia - mi riferisco, in particolare a quello in Israele - ho avvertito un nuovo modo di guardare all'Europa e all'Italia: all'Europa come un'entità che esiste e, in particolare, all'Italia che di questa entità è parte fondamentale.

E qui chiudo, ricordando quello che diceva il Direttore Mauro sulla identità culturale europea. La quale è composta non solo delle tradizioni storiche dell'Europa, ma della capacità di reinterpretarle, di far sì che non si viva solamente della memoria del passato, ma che essa diventi parte viva per la costruzione di una nuova Europa.

Di qui l'importanza di entrare nel nuovo secolo con questa mentalità: di un'Europa nuova perché è un'Europa unita, è un'Europa che avrà tutta un'altra realtà rispetto al passato e di un'Italia che, in questa Europa conta. Conta economicamente e ancor più sotto il profilo dell'affermazione di quei valori di democrazia, di libertà e di giustizia che abbiamo imparato da giovani.

 

IL CAPO DELLO STATO RICEVE IN DONO UNA RIPRODUZIONE DELLA PRIMA PAGINA DEL QUOTIDIANO "LA REPUBBLICA" IL GIORNO DELLA ELEZIONE A PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Mi fa piacere vedere questo titolo "Ciampi Presidente di tutti". Così mi sono presentato nel discorso di insediamento: Ciampi garante di tutti. Questo è a mio avviso il compito principale del Capo dello Stato. E solamente se uno riesce ad affermare questa sua posizione può svolgere appieno il suo mandato, rimanendo ben fedele e portando avanti i principi che ho richiamato.