INTERVENTO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
AL COMPLESSO MONUMENTALE DEL VITTORIANO
IN OCCASIONE DELL'APERTURA
DELL'ANNO SCOLASTICO 2001/2002
Roma, 22 settembre 2001
Cari ragazze e ragazzi, cari insegnanti,
eccoci riuniti, a un anno di distanza, per dare insieme
inizio ad un nuovo anno scolastico.
Questo incontro con Voi, qui all'aria aperta, su questa
magnifica terrazza, vedendo in Voi tutti i ragazzi d'Italia, è per me un
momento atteso e gratificante.
Il ritorno annuale a scuola segna il ritmo della Vostra
crescita, del Vostro divenire adulti.
So bene che Vi siete alzati questa mattina con un misto di
stati d'animo: la nostalgia delle vacanze, la gioia di ritrovare i compagni di
scuola, il rivedere - per lo più, con affetto, ammettetelo - i Vostri
insegnanti.
Ma su questo stato d'animo, ricorrente ad ogni ripresa della
scuola, domina oggi un sentimento di orrore e di sdegno. Pochi giorni fa,
l'11 settembre del 2001, data che non dimenticheremo, siamo rimasti tutti per
ore davanti ai teleschermi a guardare attoniti e sgomenti le immagini terribili
dell'attacco portato all'umanità dai terroristi che hanno colpito New York e
Washington. Immagini di guerra. Migliaia e migliaia di innocenti uccisi,
cittadini americani e di ogni parte del mondo, anche italiani.
La giovinezza della mia generazione è stata segnata da
immagini come queste. E' quella terribile realtà che ci ha spinto e ci spinge
all'affermazione e alla difesa della libertà e della democrazia nelle nostre
Nazioni; alla partecipazione attiva alla costruzione e alla vita delle
istituzioni internazionali; alla solidarietà verso i popoli meno fortunati.
Raccogliamoci in un minuto di silenzio.
Un anno fa, inaugurammo insieme, dopo decenni di chiusura,
il Vittoriano restaurato e restituito agli italiani.
Da allora, su queste scalinate sono salite circa due milioni
di persone, per ammirare da una prospettiva unica al mondo questa millenaria
città, il foro Romano, il profilo dei colli. Tanti italiani sono venuti animati
da quei sentimenti di nuovo patriottismo, che sento sempre più diffusi in ogni
città d'Italia.
C'è un bisogno di Patria che unisce giovani, adulti,
anziani. Ne è viva testimonianza il successo di tutte le iniziative che
promuovono il ricupero della nostra storia, della memoria che è in ogni
famiglia, in ogni paese, in ogni città d'Italia. Tutto ciò è motivo di
fiducia e di speranza. E' anche l'indicazione di un cammino da percorrere.
Se riflettiamo sui caratteri costitutivi, sulle radici
del patriottismo degli italiani, la caratteristica più importante è che esso
nacque fin dall'inizio aperto all'Europa. La libertà del popolo italiano, la
sua unità e indipendenza, venivano da tutti i patrioti legate strettamente alla
liberazione degli altri popoli d'Europa, in una prospettiva universale di
conquista dei diritti civili.
Mazzini fondò insieme "Giovine Italia" e
"Giovine Europa". Garibaldi fu pronto a combattere per ogni popolo
d'America e d'Europa Italia?)che volesse conquistare la propria libertà.
Camillo di Cavour e Massimo d'Azeglio furono statisti e intellettuali con
visione europea. Umberto I volle che su questo monumento fosse scritto, lassù
sui propilei, che l'unità della Patria era stata realizzata mirando alla
conquista della libertà dei cittadini.
In questo senso, davvero, la Costituzione Repubblicana del
1948 è lo sviluppo pieno degli ideali dei patrioti del Risorgimento.
Non saprei esprimere questi pensieri meglio di come lo ha
fatto una ragazza di Tempio Pausania, italiana di origine indiana, in uno
scritto che mi ha inviato poche tempo fa. Cito: "L'accesso in Europa deve
vedere un'Italia al massimo delle sue potenzialità, e dev'essere accompagnato
da una riscoperta di quei valori che hanno permesso, attraverso il sangue
versato dai patrioti risorgimentali, la sua nascita e il suo divenire
democratico e repubblicano".
Poche settimane fa il Presidente della Banca Centrale Europea
ha presentato al mondo le banconote e le monete in euro, la moneta che i popoli
europei hanno creato insieme e che diverrà moneta comune esattamente fra 100
giorni, il 1° gennaio 2002. Al di là dell'importanza economica, esso è un
simbolo di fratellanza e di unione che segnerà l'esperienza della vostra
generazione.
L'euro è la vostra moneta, ragazzi. E' il risultato di un
lavoro che i vostri nonni e i vostri padri hanno fatto per costruire un'Europa
migliore. E non dimenticate quanto vi chiesi lo scorso anno: aiutate i vostri
nonni, i vostri genitori, a imparare l'uso dell'euro.
Sta ora a tutti noi e in particolare ai più giovani,
consolidare e ampliare i vantaggi di aver costituito un'area di oltre 300
milioni di cittadini in cui un'unica moneta circola liberamente. E ricordatelo:
la moneta non è soltanto un mezzo di pagamento; è un'istituzione, accomuna i
popoli che l'adottano con un vincolo di condivisione di valori, certo
prevalentemente economici, ma anche sociali e civili.
Tra i giovani europei e i giovani di tutto il mondo
sviluppato e democratico crescono sentimenti profondi di umanità; si afferma in
tutti loro la volontà di operare concretamente per i Paesi meno fortunati,
quelli dove non sono garantiti i diritti, la sicurezza, la salute dei cittadini,
dove la scuola non c'è, la conoscenza non è raggiungibile, dove la fame e
l'ignoranza sono un'unica disperata realtà.
Incontro nei miei viaggi per le città d'Italia le
associazioni del volontariato; sempre più numerose sono quelle che operano per
sostenere i Paesi poveri. Sono nate per libera iniziativa dei cittadini, di
tutte le età e condizioni sociali; la loro azione è concreta: organizzano
adozioni di bambini, di villaggi; raccolgono fondi, imparano e insegnano a
conoscere i problemi.
Questi sentimenti e quest'azione di solidarietà sono nobili;
sono il naturale sviluppo degli ideali democratici cresciuti grazie alle nostre
libere istituzioni; quelle che consentono a tutti di esprimersi, di vivere - a
scuola come nella società civile - la "pratica della libertà".
Dobbiamo saper evitare qualsiasi strumentalizzazione di
questi sentimenti che possa indebolire le libere e legittime istituzioni,
nazionali e internazionali, fondamento del nostro benessere e della stessa
possibilità di diffonderlo ai Paesi più sfortunati. La violenza e l'odio sono
la negazione dei valori democratici.
"L'odio produce morte, l'amore genera vita":
questa è la scritta che campeggia sull'Ara Pacis Mundi, bellissimo monumento
eretto cinquant'anni fa sul Colle di Medea, a Gorizia, nel pieno della
"guerra fredda" su un confine che allora separava due mondi. Vi sono
andato domenica scorsa a rendere omaggio ai caduti e ai dispersi delle guerra.
Questi sentimenti ci devono accompagnare in ogni momento.
Cari ragazzi,
la scuola è l'istituzione della Repubblica che più
direttamente aiuta a costruire il futuro della Nazione nella pace e nel
progresso.
La conoscenza, il dialogo, la pratica delle virtù civili
sono la difesa più forte della nostra civiltà.
Gli italiani riconoscono il valore eccezionale del lavoro di
chi opera nella scuola, a tutti i livelli.
Dico ai maestri, agli insegnanti tutti: siate consapevoli
delle vostre responsabilità, del prestigio che avete tra le famiglie,
dell'affetto dei Vostri alunni, della stima profonda, della gratitudine degli
italiani. L'ho detto l'anno scorso e lo ripeto oggi con convinzione: gli
operatori della scuola, della conoscenza sono alla base del nostro benessere,
della nostra crescita economica e sociale.
Ho testimonianza di ciò negli incontri con gli studenti al
Quirinale. In questi due anni, più di 40.000 tra studenti e insegnanti sono
entrati nel palazzo della Presidenza della Repubblica, nella casa degli
Italiani. Ciò che più mi colpisce è l'incredibile ricchezza di iniziative che
mi portate o mi raccontate nelle Vostre lettere: ricerche storiche, opere d'arte
e artigianali, musiche, "cd rom".
Una scuola della provincia di Bergamo mi ha inviato un gioco
multimediale per educare all'introduzione dell'euro. L'autonomia degli istituti
sta senza dubbio rafforzando spirito d'iniziativa e voglia di fare.
A voi ragazzi, un consiglio: pretendete e proponetevi di
avvicinarvi ai testi e ai monumenti della nostra cultura e della nostra
civiltà. La società moderna vi offre crescenti possibilità di formazione nel
campo delle tecnologie, richiede la conoscenza delle lingue straniere, vi spinge
a moltiplicare gli interessi e guardare in campi che nessuno della mia
generazione immaginava. Lo farete meglio e con più forza poggiando sulle basi
di una buona conoscenza della nostra lingua, della nostra letteratura, della
nostra cultura.
L'anno scorso conclusi questo incontro con voi con alcune
proposte concrete. Proposi: scrivete voi, giovani, la storia d'Italia, la storia
della Nazione e quella delle nostre città, dei nostri 8.000 comuni, paesi,
villaggi. Da allora tante iniziative, ricerche, sono arrivate al Quirinale da
tutta l'Italia. Proseguiamo insieme questo lavoro.
Quest'anno, in particolare, è il 140° anniversario
dell'Unità d'Italia, l'anniversario della scomparsa di Cavour. Pensiamo insieme
ai prossimi bicentenari della nascita di Mazzini e di quella di Garibaldi.
Prepariamo insieme il 150° anniversario dell'Unità d'Italia tenendo presente
che in ognuna delle nostre città c'è un personaggio da studiare, da
riscoprire, da ricordare.
Fatelo Voi, studenti e insegnanti. Vedrete che i nostri eroi,
i nostri patrioti, non erano dei temerari, ma persone normali, capaci di
compiere azioni straordinarie perché amavano la Patria e desideravano viverla
da uomini liberi insieme agli altri italiani. Libertà significa condividere
valori comuni, istituzioni comuni, avere consapevolezza insieme dei propri
diritti e dei propri doveri verso gli altri e verso la "res publica".
Per questo è fondamentale conoscere bene e vivere da
cittadini le istituzioni della Repubblica, seguendo i lavori del Parlamento,
come della propria Regione, Provincia, Comune. E' questa l'educazione civica;
non una materia fra le tante, ma il maturare in noi di un metodo di vita in
comune, attraverso la conoscenza e la pratica delle istituzioni che liberamente
abbiamo scelto. In questo campo, la scuola può fare di più.
Cari ragazzi,
in momenti gravi come il tempo che stiamo vivendo, tutti noi
ci chiediamo: come reagire? Come dare un nostro apporto al progresso del bene?
La risposta fondamentale è di fare con maggior impegno, con maggior passione,
ciascuno il proprio dovere, giorno per giorno: nei posti di lavoro, in famiglia,
sui banchi di scuola. Lo studio e il dialogo - tra voi e con i vostri insegnanti
- sono la risposta migliore che voi potete dare a questa terribile sfida contro
la nostra civiltà che siamo pronti a difendere con tutte le nostre forze.
A tutte le scuole, da quelle di Predoi nell'alta Valle Aurina
all'estremo Nord, a quelle di Lampedusa all'estremo Sud dell'Italia, auguro con
tutto il cuore un buon anno scolastico.