DISCORSO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
ALLA COMMEMORAZIONE DEI CADUTI ITALIANI
DELLA DIVISIONE "ACQUI"
Cefalonia, 1° marzo 2001
Decisero di non cedere le armi. Preferirono combattere e morire per la
patria. Tennero fede al giuramento.
Questa - Signor Presidente della Repubblica Ellenica - è l'essenza della
vicenda di Cefalonia nel settembre del 1943.
Noi ricordiamo oggi la tragedia e la gloria della Divisione "Acqui".
Il cuore è gonfio di pena per la sorte di quelli che ci furono compagni della
giovinezza; di orgoglio per la loro condotta.
La loro scelta consapevole fu il primo atto della Resistenza, di un'Italia
libera dal fascismo.
La Sua presenza, Signor Presidente, è per me, per tutti noi Italiani, motivo
di gratitudine. E' anche motivo di riflessione. Rappresentiamo due popoli uniti
nella grande impresa di costruire un'Europa di pace, una nuova patria comune di
nazioni sorelle, che si sono lasciate alle spalle secoli di barbari conflitti.
La storia, con le sue tragedie, ci ha ammaestrato.
Molti sentimenti si affiancano, nel nostro animo, al dolore per i tanti morti di
Cefalonia: morti in combattimento, o trucidati, in violazione di tutte le leggi
della guerra e dell'umanità. L'inaudito eccidio di massa, di cui furono vittime
migliaia di soldati italiani, denota quanto profonda fosse la corruzione degli
animi prodotta dall'ideologia nazista.
Non dimentichiamo le tremende sofferenze della popolazione di Cefalonia e di
tutta la Grecia, vittima di una guerra di aggressione.
A voi, ufficiali, sottufficiali e soldati della "Acqui" qui
presenti, sopravvissuti al tragico destino della vostra Divisione, mi rivolgo
con animo fraterno.
Noi, che portavamo allora la divisa, che avevamo giurato, e volevamo mantenere
fede al nostro giuramento, ci trovammo d'improvviso allo sbaraglio, privi di
ordini.
La memoria di quei giorni è ancora ben viva in noi. Interrogammo la nostra
coscienza. Avemmo, per guidarci, soltanto il senso dell'onore, l'amor di Patria,
maturato nelle grandi gesta del Risorgimento.
Voi, alla fine del lungo travaglio causato dal colpevole abbandono, foste posti,
il 14 settembre 1943, dal vostro comandante, Generale Gandin, di fronte a tre
alternative: combattere al fianco dei tedeschi; cedere loro le armi; tenere le
armi e combattere.
Schierati di fronte ai vostri comandanti di reparto, vi fu chiesto, in
circostanze del tutto eccezionali, in cui mai un'unità militare dovrebbe
trovarsi, di pronunciarvi.
Con un orgoglioso passo avanti faceste la vostra scelta, "unanime,
concorde, plebiscitaria": "combattere, piuttosto di subire
l'onta della cessione delle armi".
Decideste così, consapevolmente, il vostro destino. Dimostraste che la Patria
non era morta. Anzi, con la vostra decisione, ne riaffermaste l'esistenza. Su
queste fondamenta risorse l'Italia.
Combatteste con coraggio, senza ricevere alcun aiuto, al di fuori di quello
offerto dalla Resistenza greca. Poi andaste incontro a una sorte tragica, senza
precedenti nella pur sanguinosa storia delle guerre europee.
Si leggono, con orrore, i resoconti degli eccidi; con commozione, le
testimonianze univoche sulla dignità, sulla compostezza, sulla fierezza di
coloro che erano in procinto di essere giustiziati.
Dove trovarono tanto coraggio ragazzi ventenni, soldati sottufficiali, ufficiali
di complemento e di carriera?
La fedeltà ai valori nazionali e risorgimentali diede compattezza alla scelta
di combattere.
L'onore, i valori di una grande tradizione di civiltà, la forza di una Fede
antica e viva, generarono l'eroismo di fronte al plotone d'esecuzione.
Coloro che si salvarono, coloro che dovettero la vita ai coraggiosi aiuti degli
abitanti dell'isola di Cefalonia, coloro che poi combatterono al fianco della
Resistenza greca, non hanno dimenticato, non dimenticheranno. Questa terra,
bagnata dal sangue di tanti loro compagni, è anche la loro terra.
Divenne chiaro in noi, in quell'estate del 1943, che il conflitto non era più
fra Stati, ma fra princìpi, fra valori.
Un filo ideale, un uguale sentire, unirono ai militari di Cefalonia quelli di
stanza in Corsica, nelle isole dell'Egeo, in Albania o in altri teatri di
guerra. Agli stessi sentimenti si ispirarono le centinaia di migliaia di
militari italiani che, nei campi di internamento, si rifiutarono di piegarsi e
di collaborare, mentre le forze della Resistenza prendevano corpo sulle nostre
montagne, nelle città.
Ai giovani di oggi, educati nello spirito di libertà e di concordia fra le
nazioni europee, eventi come quelli che commemoriamo sembrano appartenere a un
passato remoto, difficilmente comprensibile.
Possa rimanere vivo, nel loro animo, il ricordo dei loro padri che diedero la
vita perché rinascesse l'Italia, perché nascesse un'Europa di libertà e di
pace. Ai giovani italiani, ai giovani greci e di tutte le nazioni sorelle
dell'Unione Europea, dico: non dimenticate.
Caro Presidente della Repubblica Ellenica,
Le sono grato per avermi accolto nella Sua terra, e per aver voluto vivere con
me questa giornata di memorie, di pietà, nell'isola di Cefalonia, ricordando
insieme i Caduti greci e italiani.
Oggi i nostri popoli condividono, con convinzione e con determinazione, la
missione di fare dell'Europa un'area di stabilità, di progresso, di pace.
La nuova Europa, un tempo origine di sanguinose guerre, ha già dato a tre
generazioni dei suoi figli pace e benessere. Propone l'esempio della sua
concordia a tutti i popoli.
Uomini della Divisione "Acqui": l'Italia è orgogliosa della
pagina che voi avete scritto, fra le più gloriose della nostra millenaria
storia.
Soldati, Sottufficiali e Ufficiali delle Forze Armate Italiane: onore ai Caduti
di Cefalonia; onore a tutti coloro che tennero alta la dignità della Patria.
Il loro ricordo vi ispiri coraggio e fermezza, nell'affrontare i compiti che la
Patria oggi vi affida, per missioni non più di guerra, ma di pace.
Viva le Forze Armate d'Italia e di Grecia.
Viva la Grecia. Viva l'Italia. Viva l'Unione Europea