Roma 25/05/2001

Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in occasione della Celebrazione della "Giornata dell'Africa"




INTERVENTO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
IN OCCASIONE DELLA CELEBRAZIONE
DELLA
"GIORNATA DELL'AFRICA"

Roma - Villa Madama, 25 maggio 2001



Eccellenze,
Professor Gnoli,
Signore e Signori,

sono lieto di celebrare insieme a Voi l'anniversario dell'Organizzazione dell'Unità Africana. La mia presenza qui vuole essere il segno della partecipazione italiana alle sorti del vostro continente; vuole essere un messaggio di fiducia e di speranza nell'avvenire dei popoli africani. Troveranno nell'Italia e nell'Europa amicizia, comprensione e sostegno.

La Tavola Rotonda con la quale avete scelto di celebrare l'anniversario odierno è un'iniziativa innovativa che va direttamente al cuore del problema africano: come inserire l'Africa nel grande circuito dell'interdipendenza internazionale, traendone utili contributi al proprio sviluppo.

La povertà, le guerre, la violazione dei diritti umani non possono essere affrontati alla radice senza una strategia complessiva di integrazione nello sviluppo mondiale. Altrimenti continueranno ad affliggere l'Africa, cause ed effetti al tempo stesso della marginalizzazione del continente. E' la marginalizzazione che dobbiamo, insieme, sconfiggere.

Ringrazio il Professor Gherardo Gnoli, Presidente dell'Istituto per l'Africa e per l'Oriente, e il Primo Ministro del Togo. La sua presenza a Roma in questa giornata ci è particolarmente gradita.

Al Presidente del Togo, Gnassibé Eyadema, va l'apprezzamento dell'Italia per l'azione svolta alla guida dell'OUA e per il ruolo decisivo dell'Organizzazione nel porre termine o arginare le guerre che insanguinavano il continente. Saluto la trasformazione dell'OUA in Unione Africana come segno di una rinnovata volontà di coesione a favore della stabilità e dello sviluppo del continente.

L'Africa non può permettersi di disperdere energie in conflitti armati. Il futuro del continente dipende innanzitutto dal clima di concordia e di stabilità fra Stati e all'interno di ogni Stato.

Finalmente le armi tacciono al confine fra Etiopia e Eritrea. I Grandi Laghi attendono ancora l'attuazione degli accordi di Lusaka e di Arusha, ma progressi sono stati compiuti per il disimpegno delle forze militari e per il dialogo nazionale in Congo. Lo spiegamento della forza ONU in Sierra Leone è un rilevante contributo della comunità internazionale agli sforzi per il ristabilimento della pace. Sono convinto che in avvenire le Nazioni Unite non lo faranno mancare, con altrettanto impegno, in qualsivoglia altra parte del continente si renda necessario.

L'Africa non deve essere lasciata sola. In passato, purtroppo, lo è stata, in alcune gravissime crisi che non risvegliarono la coscienza del mondo. Ma in tempi recenti, là dove i governanti africani hanno mostrato di volere la pace e di negoziare in buona fede, la comunità internazionale non è stata inattiva. Oltre 16 mila caschi blu sono sul terreno, in condizioni spesso difficili, con perdite di vite umane. L'Italia è fra i paesi che hanno accolto gli appelli del Segretario Generale Kofi Annan con l'invio di truppe e assumendo i rilevanti oneri finanziari dello spiegamento.
Ma la pace non può essere imposta: le Nazioni Unite non possono attuarla dove i combattenti non siano pronti a deporre le armi.

Le hanno deposte Eritrea e Etiopia, due paesi legati all'Italia dalla storia e da fitti rapporti di cooperazione. Speriamo che il loro esempio sia seguito da altri.
Sono lieto che sia qui fra noi il Sottosegretario Serri, che, in veste di Rappresentante Speciale dell'Unione Europea, si è adoperato con passione per la causa della pace.

Nel Corno d'Africa l'impegno dell'Italia continua con la presenza nella forza di pace al confine etiopico-eritreo, operando per la normalizzazione dei rapporti fra i due paesi e favorendo la stabilità e la collaborazione in tutta la regione.
Partecipiamo ad un'azione diplomatica intensa per una pace giusta in Sudan e per la riconciliazione e ricostruzione dello Stato in Somalia: chiedo alle parti di collaborarvi con genuino spirito costruttivo.

I progressi africani non si limitano alla soluzione di alcune gravi crisi regionali. Sono state tenute libere elezioni che radicano nella società e nel costume democrazia e istituzioni rappresentative. Sono state messe in opera coraggiose politiche di risanamento economico; in alcuni Paesi sono crescenti gli investimenti.

Nessuna assistenza internazionale può sostituirsi all'assunzione di responsabilità fondamentali dirette: consolidare democrazia e pluralismo politico; promuovere i processi di dialogo e di riconciliazione nazionale; garantire la certezza del diritto e l'uguaglianza della legge; tutelare i diritti umani; rispettare le opposizioni politiche e le minoranze; coltivare le libertà di espressione e di religione; gestire con trasparenza risorse e produzione.

La possibilità di uno sviluppo sostenibile trova la propria linfa vitale nella democrazia, nella legalità, nell'economia di mercato e nella solidarietà. Creare queste condizioni è un passaggio decisivo dell'Africa contemporanea.

Debellare la povertà, vincere la sfida dello sviluppo non dipende solo dalla buona volontà degli africani. Calamità naturali e epidemie si abbattono troppo spesso su popolazioni indifese. Esseri umani, donne, bambini, sono oggetto di tristi traffici. Interessi senza scrupoli e forze mercenarie minacciano la sovranità degli Stati e finanziano regimi illegali in intere regioni.

Le sorti dell'Africa chiamano in causa la comunità internazionale a sostenerne la "rinascita", più e meglio che non in passato, nel quadro di un chiaro interesse comune. Vi è un patrimonio di potenziale umano di operosa laboriosità, di creatività culturale, di capacità e sbocchi produttivi di cui il mondo ha bisogno e la cui perdita sarebbe incalcolabile e ingiustificata.

Europa e Africa condividono lo stesso spazio storico, culturale e geografico; i rapporti fra i due continenti continueranno a incrociarsi fittamente. Abbiamo di fronte a noi un compito epocale: collegare saldamente e durevolmente il futuro dell'Africa all'Europa. Questa rifondazione impegna anche le istituzioni e i valori.

Noi sappiamo che l'Africa fu la culla dell'umanità.

Siamo troppo vicini per tracciare linee divisorie. Le minacce al Vostro ambiente, la desertificazione, l'inquinamento delle acque, le malattie infettive, la distruzione delle foreste, sono minacce anche al nostro ambiente.

I grandi timori della società europea, come l'immigrazione clandestina e i traffici criminali anche di esseri umani, impongono di volere un'Africa che cresca insieme all'Europa, consolidando le proprie istituzioni e creando benessere e posti di lavoro per i propri cittadini.

L'emergenza sanitaria dell'AIDS è fra i bisogni più pressanti. Creare le infrastrutture per il trattamento e rendere i costi dei medicinali accessibili alle popolazioni significa restituire la speranza alle decine di milioni di africani sieropositivi. La lotta all'AIDS chiama in causa i governi africani e quelli occidentali, le organizzazioni non governative e il settore privato, le società farmaceutiche.
Un rinnovato impegno figura fra le priorità dell'agenda internazionale, a cominciare dal prossimo Vertice G8 di Genova.

Come andare oltre l'emergenza umanitaria per gettare le basi di uno sviluppo autenticamente sostenibile? E' questo l'interrogativo che, tutti, dobbiamo porci: donatori bilaterali, organismi internazionali e paesi recipienti. Non possiamo sprecare risorse finanziarie, per definizione limitate.

In questi ultimi anni siamo avanzati sulla strada della cancellazione del debito dei paesi più poveri. Dodici, in Africa, sono prossimi al completamento delle procedure di remissione del debito e hanno già ridotto enormemente i pagamenti in attesa della cancellazione definitiva.

Andando oltre gli impegni presi a Colonia, l'Italia eliminerà unilateralmente l'intero debito estero dei paesi più poveri, per un valore di 4,1 miliardi dollari. Verranno così liberate risorse preziose per avviare uno sviluppo autosostenibile che consenta loro di partecipare a pieno titolo alle dinamiche economiche e finanziarie internazionali.
L'impegno dell'Italia, come quello dei nostri partners industrializzati, è una scelta economica e ancor più morale. Non dobbiamo mai più ripetere l'errore di crediti chiesti e concessi per progetti che per loro natura avrebbero richiesto altri tipi di finanziamenti.

Stiamo procedendo nel processo di slegamento degli aiuti allo sviluppo da forniture nazionali. Per portare la crescita a livelli necessari a far retrocedere la povertà resta ora da compiere un altro passo: rendere più accessibili i nostri mercati alle esportazioni africane.
E' una responsabilità alla quale l'Europa e i paesi industrializzati non possono sottrarsi.
Non possiamo negare all'Africa e ai paesi più poveri del mondo le opportunità del commercio internazionale, sulle quali si fonda tanta parte della nostra prosperità. Il fatto che il negoziato sia difficile non è una buona ragione per non riprendere con determinazione il dialogo sulla liberalizzazione mondiale degli scambi.

L'Africa è la regione finora meno avvantaggiata dai processi di integrazione dell'economia mondiale.
Occorre domandarsi come governarli e come far convivere le leggi del mercato e la crescente interdipendenza della produzione e degli scambi non solo con uno sviluppo sostenibile, ma anche con le identità culturali e con la forza dei valori.

Solo attraverso il trasferimento in Africa di capitali e iniziative produttive, che creino sul posto lavoro e meccanismi di crescita, si realizzano scambi equilibrati fra Africa e resto del mondo. Da parte africana occorre creare le condizioni necessarie per inserirsi nei circuiti mondiali, a cominciare dalla stabilità politica.

Per il mondo occidentale, e nel suo ambito per l'Europa, così rappresentativa delle forze che alimentano l'avanzamento della società civile nel mondo, l'inclusione dell'Africa è la prossima sfida.

E' una sfida che vogliamo raccogliere a Genova quando, fra meno di due mesi, il Gruppo degli Otto si riunirà per il Vertice annuale sotto la presidenza italiana.
Due temi figureranno in cima all'agenda: come sostenere l'Africa che vuole inserirsi a testa alta nei processi mondiali e come intervenire efficacemente sulle grandi fasce di vulnerabilità, di povertà, di esposizione alle epidemie che esistono nel continente.

Andando "oltre il debito" per un nuovo impegno nella sanità, nell'istruzione e nell'alimentazione, l'azione del G8 rafforza le strategie globali di sviluppo e di lotta alla povertà della comunità internazionale. In veste di Presidenza di turno, vogliamo fortemente che da Genova pervenga all'Africa e agli africani un messaggio di fiducia e di solidarietà.

Questi, Eccellenze, sono gli obiettivi dell'Italia in questa giornata che sono lieto di celebrare con Voi: essere a fianco dell'Africa negli anni a venire, ricostruire la centralità del rapporto fra Europa ed Africa, aiutare vigorosamente i governi amanti della pace e della libertà, collaborare con i Vostri governi per realizzare le speranze dei Vostri popoli.